Il voto sulla riforma costituzionale al Senato regala novità a getto continuo. È la volta delle macroregioni, che nel corso della seduta di giovedì sono state proposte, approvate dall’Aula ottenendo anche l’imprimatur del governo, autorevolmente rappresentato dal ministro per le Riforme istituzionali Maria Elena Boschi e dal sottosegretario Luciano Pizzetti. La scelta dei senatori, tuttavia, potrebbe avere lo stesso impatto sul Parlamento, degli 85 milioni di emendamenti presentati dal senatore leghista Roberto Calderoli. Le macroregioni potrebbero far parlare tanto di sé e durare lo spazio di un mattino, e forse nemmeno questo. L’approvazione non è stata concessa ad un articolo di legge, ma ad un ordine del giorno, un atto d’indirizzo che i parlamentari usano più per fare sapere come la pensano ai loro elettori piuttosto che per realizzare ciò che propongono. Nelle gerarchie degli strumenti parlamentari, l’ordine del giorno, mantiene una posizione di coda proprio perché non impegna nessuno, né il governo, cui viene spesso indirizzato, né l’Aula, che può cambiare opinione quando si fa sul serio. Non sono previste sanzioni per l’esecutivo che lo ignora e per il parlamentare che non lo rispetta. Ciò premesso l’odg approvato a Palazzo Madama merita attenzione, perché è la prima volta che sull’argomento si esprime una Camera. Finora la ricomposizione della mappa delle regioni è stata, infatti, oggetto di studio e di convegni, dibattiti e seminari. Non è mai uscita dal seminato delle buone intenzioni. Il pregio, se tale viene giudicato, del voto al Senato è proprio la parlamentarizzazione della questione. L’iniziativa è stata assunta dal senatore dem Raffaele Ranucci ed impegna il governo a lavorare ad una ipotesi che accorpi le regioni meno popolose e cioè la Basilicata, il Molise, l’Abruzzo, le Marche, l’Umbria, il Friuli Venezia Giulia, la Valle d’Aosta e, probabilmente, la Liguria. Il Lazio verrebbe smembrato, lasciando indenne Roma Capitale negli Usa con Washington. Sicilia e Lombardia, secondo Ranucci, dovrebbero rimanere fuori dagli accorpamenti. In Sicilia, è il caso di ricordarlo, il tema è stato affrontato con particolare interesse, ma con ottica assai diversa. A Catania, dove la proposta è stata avanzata, sarebbe prevalsa la volontà di ritagliare una macroregione, che comprende una fetta della Sicilia, quella orientale, e la Calabria. In più, com’è noto, i leghisti, non solo loro, si sono battuti per la nascita di tre macroregioni: Nord, Centro e Sud. E le Isole per conto loro.