Tesserati in calo, sezioni poco frequentate o, nel caso delle forze politiche di recente formazione, mai aperte. Rinascerà la forma partito come l’abbiamo conosciuta nel Novecento oppure occorre non solo immaginare ma realizzare una ‘ditta 2.0′. I partiti nella loro fase aurea, che è durata fino agli anni Sessanta e Settanta, sottolinea lo storicoGiovanni Sabbatucci, hanno avuto una funzione importante, per la trasmissione delle istanze della base ai vertici e viceversa, per svolgere anche un’opera di educazione politica. Poi è iniziata la fase di decadimento, si sono trasformati in macchine per piazzare le persone che interessava avere nei luoghi giusti. E’ impensabile che possa rinascere la vecchia forma partito, con le sezioni, le gerarchie solide e visibili, nello stesso tempo però non si può pensare di affidare tutto al rapporto diretto tra leader e base. C’è tutto uno spazio intermedio da riempire che altrimenti rischia di rimanere desertificato, che va colmato studiando forme di partecipazione nuova, non affidate solo alla rete, che consentano il dibattito e la discussione. E il tesseramento? Magari non chiamiamolo così, risponde Sabbatucci, ma un atto pubblico che formalizza l’adesione a un partito, che in qualche modo testimonia anche l’orgoglio di un’appartenenza, è assolutamente indispensabile, per partecipare ad esempio ad assemblee di partito, alle primarie. Altrimenti rimane il modello del Movimento 5 stelle, dove francamente appare difficile capire chi e come vota o non vota. E’ chiaro, sottolinea invece all’Adnkronos, il politologo Alessandro Campi, che la rete apre nuove possibilità di partecipazione alla vita dei partiti, che tuttavia possono integrare gli strumenti tradizionali. Non si può rinunciare a tutte le usuali forme di presenza sul territorio e di rapporto con la base. Altrimenti, se si affida tutto agli sms, agli appelli televisivi, alle relazioni semplicemente virtuali, il partito si trasforma solo in un brand commerciale e non si fa altro che aumentare il discredito nei riguardi della politica. Anche perché in una democrazia rappresentativa le forze politiche hanno una funzione essenziale. E’ innegabile, afferma il politologo Gianfranco Pasquino, che le forme moderne di comunicazione sono utili per raggiungere i cittadini e quindi per agevolare la loro partecipazione alla vita politica. Ora al di là della presenza nelle piazze, dell’esistenza o meno delle sezioni, dell’andamento del tesseramento, quello che conta è che i cittadini siano coinvolti nelle decisioni politiche. E questo può avvenire soltanto se c’è uno spazio, anche fisico, per la discussione, per il confronto tra i militanti di un partito, partendo dai temi concreti. Penso ad esempio, per restare legati all’attualità, alla questione dei giudici costituzionali, alle problematiche legate al sistema previdenziale. Ecco, su argomenti come questi è necessario coinvolgere la base, per permettere poi a chi guida un partito o a chi siede in Parlamento che, non dimentichiamolo, è un nominato, di avere gli elementi necessari per decidere. Del resto l’esperienza delle primarie dimostra questo. Il cittadino quando è coinvolto per scegliere un segretario o decidere un candidato partecipa. E basta guardare all’esperienza dei Laburisti inglesi o dei Cristiano democratici tedeschi per rendersi conto che la vita delle e nelle forze politiche si svolge in questo modo, favorendo adesione, partecipazione e dibattito nei luoghi deputati alla discussione.
Riprova
Quell’allergia alle regole e ai controlli
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