Marine Le Pen, che arrivò al ballottaggio già nel 2017 e che qualche tempo fa per concentrarsi sulle presidenziali ha formalmente lasciato la guida del partito, ha presentato il prossimo appuntamento elettorale come un momento cruciale, anche oltre quello che si possa pensare. «Arriviamo ad un bivio dove una strada porta all’abisso e l’altra in vetta», ha detto, definendo le presidenziali del prossimo aprile «non solo una scelta di società, come i precedenti scrutini, ma una scelta di civiltà». Per la candidata all’Eliseo, «ci saranno solo due alternative: o la diluizione della Francia mediante decostruzione e sommersione (migratoria), o il salto salutare che porterà la Francia nel terzo millennio intorno all’idea di Nazione».
Un qualche fastidio alla corsa di Marine Le Pen, che ha scelto come slogan il passaggio della Marsigliese sulle «libertès, libertès chèries», le «beneamate libertà», potrebbe arrivare dalla candidatura di Eric Zemmour, giornalista di origine ebraico algerina molto critico sui temi dell’immigrazione e del multiculturalismo e autore, tra l’altro, del libro L’uomo maschio, in cui si scaglia con forza contro la demolizione del maschile nelle nostre società.