‘ShenZhen significa inferno’ in scena a Roma al Teatro Brancaccino dal 26 al 29 novembre. Scritto e diretto da Stefano Massini con Luisa Cattaneo. Assistente alla regia Ducco Baroni. Spazio scenico di Fedra Giuliani. Disegno luci di Carolina Agostini. Produzione di ‘Il Teatro delle donne’, con il patrocinio di Amnesty International. Chiusi per 60 minuti in una stanza 4 operai, 2 uomini e 2 donne, vengono sottoposti ad un test spietato durante il quale devono dimostrare, senza possibilità di esitazione, le loro attitudini e le latenti fragilità. Una psicanalisi alla rovescia, in cui ogni espediente viene utilizzato per azzerare o rilanciare l’autostima degli intervistati, in un continuo ottovolante emotivo. Ispirato alla storia vera della fabbrica-lager cinese dove vengono assemblati i nostri telefoni cellulari, il nuovo testo scritto da Stefano Massini non ha niente di tutto ciò che caratterizza solitamente i monologhi. Qui i personaggi sono addirittura cinque, immersi dall’autore in un’atmosfera agghiacciante, a tratti quasi insostenibile, densa di martellanti interrogativi. Perché in fondo tutta questa drammaturgia è una drammaturgia della domanda, un vero interrogatorio, un’inquisizione senza sosta né tregua, concepita per spiazzare e far emergere i punti di rottura. Dopo il grande successo di ‘Balkan Burger’, la penna di Massini costruisce un nuovo spaccato di realtà contemporanea, scommettendo ancora sull’accurato lavoro di interprete di Luisa Cattaneo, già acclamata protagonista di tanti testi-cult come ‘La gabbia’ e ‘Donna non rieducabile’.
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