Niente ok accelerato del Senato al disegno di legge per reprimere il negazionismo. Nel settantesimo anniversario della deportazione degli ebrei romani da parte dei nazifascisti, il presidente del Senato Pietro Grasso ha deciso di assegnare il ddl alla sede deliberante in commissione Giustizia. In questo modo, avrebbe potuto esserci l’ok al provvedimento, che sarebbe poi passato alla Camera senza passare da un voto dell’aula di palazzo Madama. Ma ha dovuto incassare uno stop immediato, dopo che i quattro senatori M5S in commissione, con il supporto del socialista Enrico Buemi, hanno firmato la richiesta a norma di regolamento per lo stop alla procedura accelerata. Non sono mancate le dichiarazioni polemiche da Pd e Pdl sulla scelta del gruppo stellato, ma la tensione più evidente è emersa fra Grasso e i “grillini”: con questi ultimi che hanno accusato il presidente di una forzatura regolamentare.
E’ stato il presidente della Repubblica, dopo la conclusione della cerimonia commemorativa alla sinagoga di Roma, ad auspicare un iter celere per il ddl. Nella mattinata di mercoledì Grasso ha consultato i capigruppo e poi annunciato in aula l’assegnazione della deliberante, forse anche alla luce del fatto che martedì era stato raggiunto un accordo multipartisan (Pd-Pdl-M5S-Sc-Sel-Gal) sulla formulazione dell’articolo 1 del ddl. Un “colpo di mano”, secondo Maurizio Buccarella, che in un primo momento aveva accusato il presidente di non aver consultato la capogruppo M5S Paola Taverna. Grasso non ha commentato ma ha lasciato trapelare il suo malumore per la ricostruzione inesatta del senatore stellato, ed è stata la stessa Taverna a chiarire: “Forse un fraintendimento, in un primo momento gli avevo dato una disponibilità, ma l’ho avvertito che avrei consultato il mio gruppo. E poi gli ho fatto presente la nostra contrarietà. Lui ha spiegato che era una sua facoltà, ma io lo avevo avvertito”.
Per i 5 stelle, comunque, anche dal punto di vista regolamentare Grasso ha commesso una forzatura: dal momento che un parere della Giunta del regolamento del Senato, che risale al 2000 e che è allegato in nota al regolamento medesimo, precisa che il presidente può assegnare la sede deliberante solo se non c’è la contrarietà di un gruppo che abbia forza sufficiente (un quinto dei componenti della commissione o un decimo dell’assemblea) per imporre la revoca della decisione. M5S conta 50 senatori, ben più di un decimo del totale. In ogni caso, Taverna si è detta pronta a chiedere la calendarizzazione immediata per l’aula del ddl.
“Oggi non ho sentito Grillo”, ha risposto a chi le ha chiesto se per caso l’indicazione dello stop fosse venuta dall’alto. E ha ribadito che “su una vicenda così importante”, gli stellati, che caldeggiano la centralità del Parlamento, preferiscono che a pronunciarsi sia “la solennità dell’aula”. Ma forse la vera ragione del no all’accelerazione sul negazionismo sta in un’altra parte della dichiarazione rilasciata dalla capogruppo M5S ai cronisti: “Oggi era una giornata già abbastanza importante per quello che stiamo facendo in aula”. Insomma, no a uno spot per la politica mentre è in corso il duro scontro sulle riforme costituzionali, sulle quali i 5 stelle sono impegnati in una battaglia ostruzionistica che evidentemente temono passi in secondo piano.
Durissimi i giudizi rilasciati a caldo dopo la riunione dai componenti della commissione. “Prendo atto che un gruppo che ieri ha votato a favore di questa legge, oggi non vuole approvarla”, ha commentato la relatrice del ddl Rosaria Capacchione (Pd). “Un fatto gravissimo” per il suo collega di partito Giuseppe Lumia, “chi lo ha bloccato in una giornata come questa si è assunto una responsabilità pesante”.
Per il presidente della commissione Francesco Nitto Palma (Pdl) è stata “una sorpresa: dopo la seduta di ieri mi aspettavo qualche voce di dissenso, non mi aspettavo che un intero gruppo prendesse questa posizione: è un dato politico che voi potete valutare”. E il provvedimento, “se e quando verrà approvato in aula, assumerà un significato del tutto diverso da quello che avrebbe avuto oggi. Non solo in relazione all’anniversario, ma a quello che è accaduto in relazione alle dichiarazioni di Priebke che negano le camere a gas. Al di là della vicenda funerali sì funerali no – ha concluso Palma – si è visto come sia vivo nel popolo italiano e nel popolo romano il ricordo di quei giorni”.
(tmnews)