“Sì, l’ammore no”: un classico del teatro di Frosini/Timpano tra ironia, critica sociale e un dono al pubblico

Sabato 2 novembre, la Sala del Centrale Preneste Teatro a Roma era gremita: ogni posto occupato, file di sedie aggiunte e un’atmosfera densa di attesa per la replica di “Sì, l’ammore no” di Elvira Frosini e Daniele Timpano, a ingresso libero come un vero dono per il pubblico. Con questa rappresentazione, il duo ha chiuso la rassegna teatrale del teatro, celebrando i 15 anni dalla prima di uno spettacolo ormai considerato un piccolo classico, che si conferma oggi attuale e capace di affascinare nuove generazioni.

L’immortalità di uno spettacolo che diventa classico
Portare uno spettacolo oltre il tempo, mantenendolo vivo, è una delle sfide più grandi per qualsiasi artista. “Sì, l’ammore no” ha saputo attraversare gli anni come un’“opera resistente,” capace di affrontare “i dardi dell’oltraggiosa sorte” e di diventare una rappresentazione che non si può più discutere, come ogni classico che si rispetti. La risposta del pubblico sabato scorso ha parlato da sola: gli attori stessi non riuscivano a proseguire per le risate fragorose, eppure alcuni passaggi—come ci hanno raccontato alcuni spettatori nel foyer—li hanno lasciati ammutoliti e agghiacciati. Elvira Frosini e Daniele Timpano hanno trovato in questa accoglienza un motivo di grande gioia, una soddisfazione che ha dato loro, per una volta, il piacere pieno di aver toccato profondamente chi era in sala.

Un inizio di ombre e proiezioni, tra comicità e disagio
Lo spettacolo si apre con un gioco di luci che proietta ombre, teste e piedi. Le figure appaiono frammentate, come identità parziali, mentre in scena bambole gonfiabili—alter ego deformabili dei protagonisti—sono un’immagine grottesca della manipolabilità dei rapporti umani. Tra buffe camminate e scene caricaturali, il pubblico ride, ma la risata lascia presto spazio al disagio: la violenza domestica, sebbene simulata con bambole, è resa così esplicitamente che il pubblico si trova coinvolto in un’intensa riflessione critica.

Una colonna sonora che diventa specchio della cultura popolare
Il viaggio tra gli stereotipi amorosi prosegue grazie a una colonna sonora che mescola canzoni degli anni Trenta, melodie di Little Tony, Zappa e Celentano. Con un approccio ironico, Frosini e Timpano intrecciano nel racconto pezzi di Goethe, Cavalcanti e Beautiful, riuscendo a mettere in scena un medley che denuncia il modo superficiale con cui la cultura popolare ha spesso affrontato l’amore. Questo mix volutamente dissonante riflette un’Italia dove, nonostante il tempo, certi archetipi resistono ancora, come quello dell’amore come relazione di potere o dell’eterna dicotomia tra la donna “madonna” e l’uomo “cacciatore.”

Una critica profonda alla società patriarcale
“Sì, l’ammore no” non si limita a intrattenere, ma esplora con tagliente lucidità le dinamiche di potere che emergono nelle relazioni di coppia. L’amore, ancora visto come luogo di conflitto e possesso, è una lente attraverso cui lo spettacolo analizza la persistente visione patriarcale della società. Le storie raccontate sono ancora le nostre: nei protagonisti possiamo vedere noi stessi, i nostri genitori, le coppie di amici e le tensioni familiari che attraversano i matrimoni di oggi. Con ironia e dramma, il duo mette in discussione il significato stesso di emancipazione, tracciando un percorso che porta lo spettatore a confrontarsi con il proprio vissuto.

Un’esperienza site-specific, tra palchi e piazze
Grazie al suo approccio flessibile, “Sì, l’ammore no” si adatta a spazi non convenzionali come chiese sconsacrate, loggiati o piazze. Questo orientamento site-specific amplia la portata dello spettacolo, rendendolo fruibile anche fuori dai teatri e inserendolo in contesti che aggiungono un valore simbolico alla messa in scena. Ogni spazio è una nuova cornice per il significato dell’amore, che si scontra con il luogo fisico e invita lo spettatore a una riflessione personale, anche nelle aree pubbliche della città.

Un regalo per il pubblico, ancora attuale e perturbante
Quindici anni dopo il debutto, “Sì, l’ammore no” mantiene una potenza narrativa intatta, risultando, se possibile, ancora più rilevante. Offerto gratuitamente agli spettatori, questo spettacolo è stato un dono che ha riunito centinaia di persone, ognuna delle quali ha potuto vivere un’esperienza teatrale intensa e profonda senza alcun costo, in una celebrazione dell’arte come patrimonio collettivo. Le tematiche e le domande che Timpano e Frosini pongono sono radicate nel nostro presente e, come ogni classico, hanno la capacità di sfidare il tempo e continuare a interrogarci sul significato e sulla natura delle nostre relazioni.

In un’epoca dove l’arte è spesso considerata effimera, “Sì, l’ammore no” dimostra che alcuni lavori possono vivere oltre la loro epoca, affrontando i cambiamenti della società e restando, per certi versi, immortali.

Barbara Lalle

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