Già spesi 300 milioni e non c’è nemmeno un progetto. Realizzarlo
costa più di 8 miliardi
Occorre investire da subito per il potenziamento della flotta
marittima che assicura i collegamenti nello Stretto di Messina e per
l’abbattimento delle attuali tariffe e occorre farlo adesso per dare
una risposta concreta e in tempi rapidi ai problemi di attraversamento
di cittadini e trasportatori. Questo, anche perché il “futuribile”
ponte sullo stretto appare oggi, al di là dei proclami ma sulla base
dei dati ufficiali che emergono dagli studi del Ministero della
mobilità e dell’Anas, del tutto insostenibile dal punto di vista
finanziario.
È quanto sostiene Valentina Palmieri, deputata regionale dei Verdi che
sull’argomento ha presentato una interrogazione parlamentare,
preannunciando per la ripresa dei lavori a settembre una più corposa e
dettagliata relazione che dimostra l’insostenibilità economica degli
attuali progetti del Ponte.
“Da più parti il ponte viene presentato come la panacea di tutti i
mali della Sicilia – afferma la parlamentare di Europa Verde – ma fino
ad oggi nessuno, al di là di slogan e prese di posizione di principio,
ha mai fornito dati concreti. Cosa che invece ha fatto il Gruppo di
lavoro del Ministero della Mobilità, dalle cui analisi emerge in modo
chiaro che questa opera è insostenibile finanziariamente; tutto questo
ovviamente oltre le perplessità più volte e da più parti proposte
sulla sua sostenibilità ambientale ed effettiva utilità.”
Il riferimento della deputata è alla “valutazione di soluzioni
alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di
Messina” realizzata per conto del Ministero della mobilità
sostenibile, dove si legge che “appare evidente che la brevità del
percorso di attraversamento e delle relative opere connesse non
consente di prevedere un volume di pedaggi a carico degli utenti in
grado di consentire una operazione di project financing”.
“Ciò comporterebbe – spiega Palmeri – la necessità di un intervento
diretto della finanza pubblica non solo per la realizzazione
dell’opera ma anche per la sua manutenzione a cui si aggiungerebbero i
costi indiretti, sempre a carico della comunità nazionale, con il
pagamento di un canone di disponibilità dell’infrastruttura
particolarmente oneroso da parte di ANAS e RFI, entrambe società
possedute interamente dallo Stato.”
Uno studio analogo e precedente, condotto dall’Università Cattolica
del Sacro Cuore sulla base dell’andamento dei flussi di
attraversamento dello Stretto, aveva portato ad analoghe conclusioni
già nel 2003, quando sosteneva che “a meno di irrealistici scenari di
crescita economica, il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina non
genera benefici sufficienti per chi lo utilizzerà a fronte delle
risorse economiche necessarie per realizzarlo”.
Nel suo atto parlamentare, la deputata dei Verdi ricorda che dal 1981,
anno di avvio delle “concrete” fasi di progettazione di un
collegamento stabile fra Sicilia e Calabria, lo Stato ha già speso
oltre 300 milioni di euro nonostante ad oggi non sia disponibile
nemmeno lo studio di fattibilità, e che le previsioni sui costi di
realizzazione dell’opera sono progressivamente lievitate fino a
raggiungere oltre 8,5 miliardi di euro secondo quanto stimato
dall’ANAS, secondo cui per altro, non più di 4 miliardi potrebbero
essere reperibili sul mercato.
“Insomma – conclude Palmeri – siamo di fronte all’evidenza di un’opera
faraonica sostanzialmente irrealizzabile e che se mai dovesse essere
realizzata avrebbe costi di gestione e manutenzione non sostenibili né
per lo Stato né per ipotetici privati che si avventurassero nella
realizzazione e gestione del ponte.
Un motivo in più per chiedere che finalmente si parli e si intervenga
rispetto a quanto effettivamente necessario ed urgente e cioè il
miglioramento della rete di collegamento marittimo attuale e,
soprattutto, il potenziamento della rete e del servizio ferroviario
nord-sud verso la Sicilia, così come delle reti stradale e ferroviaria
interna dell’Isola.”