Siciliano: “E’ grave fare nomine per il teatro di Roma senza Roma”

Conferenza stampa del presidente della Fondazione Teatro di Roma Francesco Siciliano

“Una scelta per la direzione del Teatro Roma che taglia fuori la città sarebbe una rottura del patto territoriale che è alla base di questo teatro”. Lo ha dichiarato il presidente della Fondazione Teatro di Roma, Francesco Siciliano, nel corso di una  conferenza stampa convocata d’urgenza per illustrare la sua posizione.

Negli stessi minuti si è tenuta la riunione dei tre membri del CdA di nomina della Regione e del Ministero della Cultura, che ha deciso la nomina a Direttore di Luca De Fusco. Siciliano l’ha commentata così: “Mi appare come una scelta preconfezionata che toglie ogni spazio alla discussione e insieme la scelta più sbagliata per il Teatro”.

Nella conferenza stampa Siciliano ha ricostruito la vicenda. “La riunione del CdA che era prevista alle 11 è stata da me formalmente sconvocata ma vedo che i consiglieri espressi dalla Regione e dal Ministero intendo riunirsi ugualmente e procedere ad una nomina del nuovo direttore senza la presenza del presidente e di Natalia Di Iorio, membro del CdA nominato dal Comune. Ritengo che questa riunione sia invalida come recita lo statuto della Fondazione. Ma, anche al di là degli aspetti giuridici, credo che questo modo di procedere rappresenti un colpo proprio alla natura di questo Teatro, al suo valore culturale, al rapporto che lo lega innanzitutto alla città, al suo pubblico a chi ogni giorno si impegna per mandare avanti il teatro”.

Siciliano ha ricostruito innanzitutto il ruolo dei diversi soci: “Il Comune – ha detto – è il proprietario dei teatri, l’Argentina, India, Torlonia e del teatro Valle il cui conferimento alla Fondazione è nelle intenzioni dichiarate per rafforzare ancora l’offerta culturale ma non è ancora formalmente compiuto. Inoltre il comune contribuisce con 6 milioni e mezzo alla dotazione della Fondazione mentre la regione ha una quota – immutata negli ultimi 10 anni – di un milione 100 mila euro. Per questo – anche al di là della rappresentanza paritaria nel CdA e la presenza di un rappresentante del Ministero della Cultura – credo che il ruolo del Comune vada rispettato e in questo caso non è stato così. Per capire faccio l’esempio di Milano alla Scala – dove pure la contribuzione ministeriale è maggiore di quella comunale – è il sindaco a decidere chi amministra le istituzioni culturali della città”.

Siciliano ha poi ricostruito l’andamento della selezione dei candidati avvenuta attraverso un bando a cui hanno risposto 42 tra manager e uomini e donne di Teatro. La prima selezione era stata affidata ad una commissione ristretta che doveva indicare una short list (da 3 a 5 nomi). “Accogliendo la commissione, che ha operato in totale autonomia, io ho rivolto loro una sola raccomandazione: che nella selezione ci fosse una necessaria rappresentanza di genere. La commissione si è riunita per una mezza mattinata e davanti a 42 domande che contenevano non solo i curricola ma anche i progetti culturali e manageriali per il Teatro ha chiuso i lavori indicando tre nomi, tutti maschili. A questo proposito devo segnale che un membro della commissione. Berta Zezza, ha messo a verbale la sua contrarietà per l’assenza di candidature femminili tra quelle selezionate. La sbrigatività di questo lavoro mi fa anche pensare che ci possano essere delle irregolarità e che questo possa aprire uno spazio a eventuali ricorsi da parte dei candidati non selezionati”.

“Malgrado queste premesse il mio impegno è stato quello di ricercare una soluzione positiva e lo stesso è avvenuto da parte del Comune e del Sindaco il quale si è chiesto se vi fosse davvero la volontà di uno strappo che rompe quello che è nel Dna di un teatro pubblico, ovvero il patto con la città, col territorio. Sarebbe paradossale e grave – oltre che, a mio parere, non legittimo – se gli altri membri del Consiglio di amministrazione arrivassero a una nomina che taglia fuori Roma dal Teatro che porta il suo nome”.

Davanti a una domanda Siciliano ha precisato: “Io non ho alcuna intenzione di dimettermi, perché penso che come diceva Gramsci, le rivoluzioni vadano fatte dall’interno. Altra cosa sarebbe se i soci decidessero di tornare ad un commissariamento, in quel caso il CdA decadrebbe”.

Intervenendo alla conferenza Stampa Natalia Di Iorio, l’altro membro del Cda di nomina del Comune ha sottolineato che “il mio contributo è quello di aver messo al servizio del consiglio gratuitamente la mia esperienza nel mondo del teatro. Ma mi pare che in questo confronto che è apparso tutto politico e persino di collocazione personale tutti abbiano dimenticano il significato del teatro, la questione è stata trattata come se fossimo una “azienda di servizio” non una istituzione culturale”

Rispondendo a un’altra domanda che chiedeva se i rappresentanti del comune si fossero schierati dalla parte della candidatura di Onofrio Cutaia contro quella di Luca De Fusco Siciliano ha precisato: “Nella terna presentata dalla commissione selezionatrice io ho visto il nome di un solo artista, quello di De Fusco, mentre non ho visto i nomi di quanti rappresentino il sentire del grande pubblico di giovani che affollano i nostri teatri. Più complessivamente io ritengo che un grande teatro come è il Teatro di Roma, con la sua molteplicità di sale, il suo impegno nell’offrire scelte culturali che parlino a pubblici diversi sia più giustamente da affidare ad un manager piuttosto che a un artista perché non credo che oggi vi sia necessità di scelte culturali monolitiche e non rappresentative delle diverse culture e sensibilità. Se vogliamo ridurre tutto a Guelfi e Ghibellini, ovvero alla scelta tra De Fusco e Cutaia la mia risposta è che la direzione di questo teatro ha bisogno di un manager e che Cutaia è un manager straordinario della cultura”.

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