Sigfrido Ranucci: ‘Un caso Boccia al maschile al ministero della Cultura’. Francesco Spano, capo di gabinetto di Giuli, si dimette

Giuli  denuncia il “barbarico clima di mostrificazione” ma ‘loro’  che non lo degnano nemmeno di un comunicato di solidarietà. La giornata nera di Alessandro Giuli – la giornata in cui deve avallare le dimissioni del capo di gabinetto di Francesco Spano – inizia nel gelo di Montecitorio. E continua in un colloquio freddo a Palazzo Chigi, dove tuttavia una mezza strategia difensiva viene elaborata, tirando in ballo la precedente gestione del Maxxi.

In sella da neanche 10 di giorni, ha lasciato l’incarico di capo di gabinetto del ministero della Cultura in seguito alle dichiarazioni di Sigfrido Ranucci, che in radio a ‘Un giorno da pecora’ aveva annunciato due nuovi casi-Boccia. “Non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Potrebbe essere al maschile. Riguarda sempre il ministero della Cultura, ma Sangiuliano non c’entra”, le parole del conduttore di Report.

Si parla di un ipotesi di una consulenza per suo marito al Maxxi in pieno conflitto d’interessi è alla base  del passo indietro del capo di gabinetto di Giuli dovuto agli attacchi esterni e interni alla maggioranza.

Francesco Spano si è dimesso dal ruolo di capo di gabinetto del ministero della Cultura, come  ha comunicato lo stesso Spano con una lettera inviata al ministro Alessandro Giuli. Che, dopo aver risposto al question time alla Camera, è stato ricevuto 30 minuti a palazzo Chigi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Al centro dell’incontro, fanno sapere fonti di palazzo Chigi, la legge di bilancio e il ministero della Cultura.

Il nuovo terremoto sull’onda delle anticipazioni di Report, che aveva annunciato un servizio sul “nuovo caso Boccia, ma al maschile”, dove a essere coinvolti ci sono anche “alte cariche di Fratelli d’Italia”.

E così è arrivata la lettera di dimissioni di Spano a Giuli: “Il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante. Nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione ritengo doveroso da parte mia fare un passo indietro. Ciò non mi impedisce di esprimerle la mia profonda gratitudine per la stima ed il sostegno che mi ha mostrato senza esitazione”.

Il ministro accetta le dimissioni, ma si schiera con il collaboratore che aveva scelto. “Con grande rammarico, dopo averle più volte respinte, ricevo e accolgo le dimissioni del capo di gabinetto, Francesco Spano. A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore”.

Alla raffica di domande fuori al Mic, il ministro risponde con un lapidario: “Quello che dovevo dire l’ho detto e quello che dovevo scrivere è nel comunicato”. Troppo scarno per spiegare il terremoto che sta scuotendo in queste ore il ministero. Spano nelle sue dimissioni ha parlato di attacchi personali. Che vuol dire? “Quello che c’è scritto. Basta così. Devo parlare alla Camera dei deputati, non ho altro da aggiungere”. Taglia corto e, protetto da un uomo della scorta, gira per Montecitorio e va via sotto la pioggia.

Sul caso Spano interviene anche la premier Meloni che afferma: “Non ho parlato con Alessandro Giuli né quando ha lo nominato né quando si è dimesso Spano: leggo dalle agenzie che ci sarebbe un conflitto di interesse tra il capo di gabinetto e un’altra persona che risale al Maxxi, al tempo di Giovanna Melandri, nessuna è stata nominata da Alessandro Giuli, penso che si debba chiedere a chi” c’era prima, “non capisco perché esca adesso”. E poi attacca: “Se lavori con quelli di destra diventa tutto più complicato”, ci sono “due pesi e due misure”, “questo è tutto quello che ho capito di questa vicenda”.

Il 14 ottobre portò alla nomina lampo di Francesco Spano come capo di gabinetto al ministero della Cultura, dopo il brutale allontanamento di Francesco Gilioli: Alessandro Giuli non è riuscito a resistere al pressing di Palazzo Chigi per far dimettere, a meno di 10 giorni di distanza, il fedelissimo ex segretario generale del Maxxi, traslocato con lui al Collegio romano.

Il marito di Spano tra i collaboratori retribuiti

Secondo quanto Repubblica è stata in grado di ricostruire, Spano, da segretario generale del Museo nazionale delle arti del XXI secolo, confermato dal neo-presidente Giuli nell’autunno del 2022, ha arruolato fra i collaboratori retribuiti suo marito, l’avvocato Marco Carnabuci.

Un legale che figura tra gli esperti di Federculture e già titolare di un lungo contratto al Maxxi (dal 2018 al 2021) come responsabile dei dati personali, quando a presiederlo c’era Giovanna Melandri. Solo che in quegli anni Spano lavorava altrove, non nella stessa istituzione del compagno, sposato civilmente soltanto qualche mese fa.

Ebbene, a marzo del 2023 – in piena era Giuli – Carnabuci è stato nuovamente reclutato dal museo come consulente specialistico per la predisposizione del Mog (Modello organizzazione di gestione) a 14mila euro trimestrali. Visto lo stretto legame fra l’attuale ministro della Cultura e Spano, è difficile che il primo non conoscesse la natura dei rapporti che allora intercorrevano fra il suo segretario generale e il neo-assunto. Lo avrebbe dunque coperto. Una storia che coinciderebbe con quanto spiegato da Ranucci: “Si tratta di un caso simile, per modalità operative, al caso Boccia”.

Inevitabile il passo indietro del neo-capo di gabinetto. Tanto più che la sua nomina aveva subito fatto infuriare sia il presidente del Senato Ignazio La Russa, sia i vertici di Fratelli d’Italia. Non solo per l’immotivata cacciata del predecessore, consigliere parlamentare del Senato, ma anche perché nel 2017 l’uomo che Giuli ha voluto al suo fianco al ministero era stato coinvolto in un brutto affare di finanziamenti concessi – quando era capo dell’ufficio governativo antidiscriminazioni razziali – a un’associazione Lgbtq dedita al sesso a pagamento.

E per questo attaccato ferocemente dall’attuale premier: “Non un euro degli italiani devono essere utilizzati per pagargli lo stipendio”, aveva decretato Giorgia Meloni. E dalla associazione Pro Vita & Famiglia Onlus che ora esprime soddisfazione per le dimissioni di Spano “degna conclusione di una vicenda politica indecente gestita in modo fallimentare fin dal principio: il ministro Giuli non avrebbe mai dovuto promuovere un funzionario legato al Pd di cui lo stesso centrodestra pretese le dimissioni nel 2017 per lo scandalo Lgbt all’Unar e Palazzo Chigi non avrebbe mai dovuto dare il suo benestare”, si legge sulla pagina Facebook della associazione.

Il neo-ministro, però, ha voluto forzare lo stesso, rivendicando la sua autonomia.

Avvocato palermitano di 45 anni, specializzato in diritto penale. Esperto in materia di privacy e consulente giuridico nell’ambito dei diritti. E a giudicare dal curriculum non proprio un uomo di destra. Ecco chi è Marco Carnabuci, il marito di Francesco Spano: il suo incarico al Maxxi è costato il posto al capo di gabinetto del ministro alla Cultura Giuli.

A marzo del 2023 – durante la presidenza Giuli – Carnabuci viene nuovamente reclutato dal museo come consulente specialistico per la predisposizione del MOG (modello organizzazione di gestione) a 14mila euro l’anno. Il problema è che al Maxxi in quella fase c’è anche Spano. Inevitabile l’accusa di conflitto di interessi. Anche se racconta chi c’era, lo stesso Carnabuci veniva presentato alla dirigenza come “il compagno” del segretario generale. Tutto alla luce del sole insomma, per quel che vale a questo punto della vicenda.

Comunque nella capitale, dal 2018 Carnabuci collabora anche con la Fondazione musica per Roma, che gestisce l’Auditorium Parco della Musica, come responsabile della protezione dei dati personali.

Fortemente impegnato nel sociale, è stato componente del direttivo dell’associazione Rete Lenford, avvocatura per i diritti Lgbtqi+, che offre sostegno alle vittime di abusi per ragioni discriminatorie. Ha relazionato in numerosi convegni sul tema dei diritti civili.

Nel 2018, il gip di Palermo accoglie una sua istanza a difesa di una 47enne siciliana a cui era stato dato della “lesbica” su facebook. “Da avvocato, – dichiara soddisfatto a Gaynews – purtroppo, constato quotidianamente la drammatica crescita di aggressioni verbali e fisiche contro persone omosessuali. Dal mondo dello sport a quello della politica, con troppa disinvoltura si lascia calpestare una libertà fondamentale della persona qual è quella relativa al proprio orientamento sessuale”.

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