Una veduta di Palazzo Chigi dove è in corso un nuovo vertice di governo sul testo del decreto di Agosto, Roma 6 agosto 2020. MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

Sindacati e governo per nuovo patto sociale

È rimandato a dopo le feste di Pasqua il tavolo tra i sindacati e il Governo, a cui parteciperanno anche le associazioni datoriali, che si aprirà per ridiscutere l’annoso tema della tutela dei redditi in Italia. Sindacati e imprese, con la mediazione dell’esecutivo capitanato da Mario Draghi, saranno chiamati a stipulare un nuovo patto sociale per ripensare alle retribuzioni, che a causa dell’inflazione non sono più adeguate ai costi della vita.

Le sigle Cgil, Cisl e Uil, che lamentano di non essere state ascoltate prima della chiusura del Def, sottolineano che i 5 miliardi di euro del decreto Aiuti di aprile non basteranno a sostenere i lavoratori, le famiglie e le imprese in difficoltà a causa del caro prezzi, degli aumenti in bolletta e degli effetti della guerra in Ucraina anche nel nostro Paese. E anche sul capitolo pensioni, mai riaperto dall’inizio del conflitto.

Diverse le soluzioni già proposte dai sindacati, che non hanno però trovato terreno fertile a Palazzo Chigi. Le associazioni propongono un nuovo scostamento di bilancio e un prelievo maggiore del 10% sugli extraprofitti incassati da tutte le imprese, e non solo quelle energetiche come previsto dal decreto Ucraina.

Tra le misure sul tavolo, ce n’è una proposta da Maurizio Landini, segretario della Cgil, che sta già facendo discutere. Anche se potrebbe portare tra i 6 e i 7 miliardi di euro in più nelle tasche dello Stato per fare fronte ai rincari. “Serve una patrimoniale”, ha dichiarato il sindacalista.

Si tratterebbe di un ‘contributo di solidarietà’ che prevedrebbe la tassazione dell’1% dei patrimoni sopra 1,2 milioni di euro, appartenenti a quel 5% di popolazione più ricco del Paese.

Con quei soldi si potrebbero finanziare nuovi interventi contro la precarietà e sui salari, e anche una nuova cassa integrazione per i settori in crisi. Anche a fronte del tasso di inflazione al 5,8% previsto per quest’anno che, a detta dei sindacati, il Governo starebbe fortemente sottovalutando.

Insomma una patrimoniale o un vero e proprio prelievo forzoso una tantum dai conti correnti per finanziare le misure per fare fronte a questo difficile periodo storico, in cui le crisi mondiali hanno minato fortemente la tenuta del sistema economico italiano.

Da una parte Mario Draghi rassicura i sindacati, spiegando che il Def non è la Bibbia ma “un documento programmatico che va riempito di contenuti”, e che il tavolo sulla riforma delle pensioni sarà riaperto il prima possibile, anche a fronte della necessità di sostituire Quota 102 con una nuova misura da partire da gennaio 2023.

Palazzo Chigi però respinge l’idea di una patrimoniale. Il Governo non avrebbe alcuna intenzione di aumentare le tasse, come dichiarato dal premier più volte dall’inizio del suo mandato, sia davanti al Parlamento che in altri incontri pubblici, ai vertici internazionali e nei confronti con i leader delle forze di maggioranza.

“Nessuno pagherà più tasse”, fa sapere l’esecutivo. “Il Governo non tocca le tasche degli italiani”. E quindi niente patrimoniale. Come ribadito anche da Maria Cecilia Guerra, di Leu, sottosegretaria all’Economia. Ha dichiarato che non si sta ipotizzando alcun tipo di prelievo, nonostante delle politiche di redistribuzione non sarebbero sbagliate davanti a una crisi che sta colpendo soprattutto le famiglie più povere.

Niente patrimoniale  insomma, e nessun prelievo forzoso, come ipotizzato anche nello scorso periodo sul modello di quanto avvenne nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1992 dopo un decreto d’urgenza firmato dal governo Amato.

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