‘Sindaci con il 40%, in Sicilia è legge dal 2016 e la volle il Pd. Chi ha almeno il 40% deve vincere le elezioni,  nei Comuni e nel Paese’, per il senatore Alberto Balboni

A sinistra la cancellazione di fatti, dati e  figure,  è ormai  metodica. Guardiamo, ad esempio, l’ultima  polemica La Russa-Schlein sulla proposta del presidente del Senato di combattere l’astensionismo del secondo turno, con l’elezione dei sindaci al primo turno, quando il candidato consegue il 40 per cento dei voti. La Schlein si schiera immediatamente  per la sacralità del ballottaggio. Ma la divinità del secondo turno – prima osservazione – non é assoluta. L’elezione dei presidenti di Regione, di norma, non prevede ballottaggio. E la Regione, a differenza del Comune, é ente con potestà legislativa, non di mera amministrazione. Dal mondo progressista nessuno ha mai levato proteste per questo.

Ma il punto non è questo, visto che  il 40 per cento dei voti per essere eletto sindaco al primo turno é stato già introdotto nell’ordinamento italiano; c’è già e precisamente é nella legislazione regionale esclusiva in materia di autonomie locali, che la Sicilia si é data, grazie alla potestà autonoma riconosciutale dallo statuto speciale. É la legge regionale n.17/2016 che all’articolo 2 recita così: “E’ proclamato eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi, a condizione che abbia conseguito almeno il quaranta per cento dei voti validi. Qualora due candidati abbiano entrambi conseguito un risultato pari o superiore al quaranta per cento dei voti validi è proclamato eletto sindaco il candidato che abbia conseguito il maggior numero di voti validi”.

Ma il dato più interessante è che la legge fu promossa dalla giunta di centrosinistra guidata da Rosario Crocetta, con in testa il Pd, nel 2016, mentre a Roma il governo nazionale era guidato da Matteo Renzi, che non impugnò la normativa speciale della Sicilia. Ascoltiamo  il leader siciliano di allora del Partito democratico, Fabio Raciti: “Quando si è aperta la discussione sulla legge elettorale, ben prima delle elezioni amministrative, pochi avrebbero scommesso su questo risultato. Oggi abbiamo dimostrato che si poteva fare una legge più coesiva, più democratica, più equilibrata. Il punto è che la vita politica dei Comuni, più che dal tripolarismo, è spesso caratterizzata dalla totale frammentazione che porta al secondo turno elettorale proposte dalla legittimazione molto bassa. Questa legge offre strumenti per aggregare le forze politiche e rendere più semplice e partecipata la vita politica dei comuni: sono soddisfatto di come PD e maggioranza l’hanno portata avanti tenendo conto, con serietà, dei temi proposti dall’opposizione”. Questa dichiarazione fu riportata da Repubblica, del 9 agosto 2016.

La legge fu approvata grazie a un’intesa tra Pd e centrodestra, con l’opposizione del M5S il quale elevò proteste. La legge é tuttora in vigore, funziona e non favorisce nessuno: vince ora uno schieramento, ora l’altro. Nel Pd nessuno ha informato Elly Schlein che la norma del 40 per cento c’è già ed é di marca Pd?

Il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, uomo delle riforme di Meloni in Parlamento, conferma  che l’intenzione è quella di eliminare il ballottaggio dalle elezioni amministrative. E prevede lo stesso sistema anche per la legge elettorale legata al premierato.

Fratelli d’Italia vuole cambiare il ballottaggio per le amministrative, secondo un modello alla siciliana: si terrà il secondo turno solo se nessuno supera il 40 per cento al primo. Di più: il senatore Alberto Balboni, in un’intervista ad Huffpost, propone questo modello anche per le elezioni politiche nazionali: “Così vince la democrazia dell’alternanza”:  ‘Il presidente La Russa ha fatto un ragionamento generale quando ha visto l’affluenza e prima di conoscere i risultati. E poi, perdere nei capoluoghi di regione non vuol dire perdere tout court. Sempre più sindaci vengono eletti con meno voti di quanti ne ha presi l’avversario al primo turno. Se vengono eletti i governatori delle regioni con il turno unico, non vedo perchè non possa avvenire con i sindaci delle città. È un problema di legittimazione. La Lega con Massimiliano Romeo aveva depositato una proposta di correzione a un decreto elezioni. Prevedeva un ballottaggio alla siciliana, cioè si va al secondo turno solo se nessuno supera il 40 per cento. Non è solo della Lega, è anche di Fratelli d’Italia e di tutto il centrodestra. In quella occasione si rinunciò ad andare avanti solo perchè non era giusto cambiare le regole a tre mesi dal voto. Ma adesso si può fare, non ci sono scadenze all’orizzonte. Non è il governo che non ama il doppio turno, sono gli elettori, quelli di destra come quelli di sinistra. Se nessuno supera il 40% si va al secondo turno. Altrimenti è eletto subito chi prende un voto in più. I vantaggi sono molti. Il primo: chi vince è maggiormente legittimato da una partecipazione elettorale più alta. Il secondo: si riduce il potere di “ricatto” delle piccole formazioni. Il terzo: si risparmia tempo e denaro pubblico. Questo può valere anche per le elezioni politiche. Secondo la giurisprudenza costituzionale il premio di maggioranza non potrà superare il 15%. Quindi per garantire una maggioranza parlamentare sarà inevitabile prevedere il ballottaggio se nessuna coalizione raggiunge il 40%. Sia chiaro però che si tratta di una clausola di chiusura, perché  è assai improbabile che nessuno raggiunga il 40%. L’elezione diretta del premier avrà un effetto altamente bipolarizzante, con effetti virtuosi anche sul sistema politico che può valere per la democrazia dell’alternanza, unica vera forma di democrazia compiuta. Se parliamo di autonomia differenziata c’è da dire che sarà una grande occasione per colmare i divari territoriali non solo tra nord e sud, ma anche tra zone centrali   alla maggiore responsabilizzazione delle classi dirigenti locali e soprattutto grazie alla definizione dei LEP previsti dall’art. 120 della costituzione. Una norma rimasta inattuata per oltre 20 anni. Grazie ad un emendamento di FdI, la definizione dei Lep (cioè dei livelli essenziali delle prestazioni attinenti ai diritti sociali e civili dei cittadini, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) sarà pregiudiziale all’avvio dell’iter per l’attribuzione di ulteriori funzioni alle regioni che ne faranno richiesta. Senza la garanzia che i Lep saranno rispettati non solo nella regione interessata ma su tutto il territorio nazionale, non ci sarà autonomia differenziata.  Anche questa è stata una modifica introdotta grazie a FdI. Quando la gente capirà questo, la propaganda della sinistra svanirà come neve al sole. Fratelli d’Italia è garante dell’unità nazionale e non permetterebbe mai di acuire i divari tra gli italiani. Lavoriamo anzi per il contrario per rimediare ai danni fatti dalla sinistra quando ha governato. Il Pd scivola su posizioni sempre più massimaliste, che gli impediscono un vero confronto sul merito dei provvedimenti. Riducono tutto a scontro di civiltà, dove ovviamente i barbari siamo noi di centrodestra e gli “elevati” sono loro, solo per alzare il livello dello scontro nella speranza della spallata al governo. Ovviamente si illudono, ma il costo per la democrazia è salato, purtroppo’, è il punto di vista  del senatore Alberto Balbini, presidente della Commissione affari costituzionali al Senato.

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