E’Vladimir Putin il vero playmaker della grande partita mediorientale
Quello che la simpatia e/o antipatia personale tra Obama e Putin aveva impedito al G20 in Cina, è stato raggiunto a Ginevra dalle rispettive diplomazie. L’accordo annunciato ieri da John Kerry e Sergei Lavrov , dopo 13 ore di negoziato, dovrebbe consentire la cessazione delle ostilità e partire da domani sera l’accesso pieno agli aiuti umanitari nelle aree di guerra, incominciando dalla martoriata Aleppo. S’ipotizza un accordo generale contro il terrorismo, che se sarà completamente applicato, potrebbe rappresentare una svolta per lo scenario mediorientale e forse non solo per quello. Eppure nonostante la soddisfazione, ci sono dubbi che frenano. E non solo perché l’intesa dovrà superare la prova dei 7 giorni di tregua, per nulla scontati dopo l’esperienza fallimentare del febbraio scorso. In realtà dell’esito del negoziato si conosce ben poco, perché sui dettagli le parti in causa hanno deciso di tenere uno stretto riserbo.E’ indubbio che la fiducia reciproca è l’ingrediente essenziale. Lavrov ammette che ce ne vorrà di più. Kerry, alle prese con gli oppositori anche all’interno dell’amministrazione, si è affrettato a dire, per tranquillizzarli, che l’accordo si basa sul controllo, sul rispetto degli impegni presi, anche se alla base di tutto, secondo il Segretario di Stato, sarà la capacità di Putin di convincere Assad a far cessare gli attacchi aerei sulle aree controllate dai ribelli. Accetterà il dittatore siriano di tenere a terra la propria aviazione? Le notizie di ieri volgono al pessimismo, perché riferiscono di nuovi attacchi ad Aleppo e di conseguenza le preoccupazioni aumentano, anche se la tregua inizierà lunedì sera. Superata la settimana di tregua, dovrebbe realizzarsi una sorta di comando comune, finalizzato al coordinamento dei raid russi e americani contro Daesch e al-Nusra. E’ uno scenario inquietante secondo il Ministro della Difesa Usa, Ashton Carter ed il capo della Cia James Clapper, si dicono contrari a condividere con il Cremlino intelligence, sistemi di identificazione e puntamento, proprio quando l’intera strategia atlantica degli Usa torna a guardare alla Russia come alla principale minaccia. Una cosa è emersa in modo chiaro e incontrovertibile, questo è l’accordo di Kerry, l’uomo del dialogo e della diplomazia che ha convinto Obama, che il 20 settembre non poteva presentarsi all’Assemblea dell’ONU, l’ultima della sua presidenza, senza alcun risultato e con un immane disastro ancora in corso in Siria. De Mistura in un’intervista al Corriere della Sera, ha ammesso senza mezzi termini, che questa è l’unica strada da percorrere se si vuole assestare un colpo mortale agli uomini del Califfato, fermare i massacri, guardare a nuovi orizzonti sul futuro della Siria. Da questo contesto emerge la figura di un Putin come il vero playmaker della grande partita mediorientale. E non è un male se la Russia vorrà e saprà dare un contributo fattivo alla soluzione della crisi. Ma è anche indispensabile che gli Stati Uniti e l’Occidente non lascino tutta l’iniziativa nelle mani del Cremlino, come con tanta intelligenza e determinazione sta cercando di fare il Segretario di Stato americano, Kerry, che di sicuro sarà a lungo rimpianto per la sua immensa capacità di dialogo e di diplomazia.