Oltre tre milioni di persone, la maggior parte sfollati interni, hanno accesso limitato all’acqua potabile nel nord della Siria, dove dieci anni di guerra hanno lasciato le infrastrutture idriche e sanitarie al collasso. L’attuale crisi idrica sta causando l’aumento di alcune malattie portate dall’acqua e minando la lotta contro il Covid-19, proprio mentre nel nord-ovest del paese si assiste a un allarmante aumento dei casi. Lo afferma Medici Senza Frontiere (Msf) che fornisce servizi idrici e igienici in circa 90 campi nel nord-ovest della Siria, raggiungendo circa 30mila persone sfollate. “Anche se disponibile, a volte l’acqua è contaminata” dichiara Ibrahim Mughlaj, promotore della salute di MSF in Siria nord-occidentale. “All’interno dei campi assistiamo quotidianamente all’impatto che la scarsa qualità dell’acqua ha sulla salute delle persone. Malattie e altre complicanze come diarrea, epatite, impetigine e scabbia sono all’ordine del giorno. Il limitato accesso all’acqua ostacola gravemente anche le misure igieniche essenziali per la prevenzione ed il trattamento del Covid-19”.
Nel nord-ovest della Siria la diminuzione dei fondi ha costretto molte organizzazioni a interrompere il trasporto dell’acqua in numerosi campi, come a Deir Hassan dove da maggio 2021 il numero di casi di malattie trasmesse dall’acqua è fortemente cresciuto. “Tra maggio e giugno, quando alcune di queste attività sono state interrotte, le malattie legate all’acqua sono aumentate del 47%” spiega Teresa Graceffa, coordinatrice medica di Msf in Siria.