E’ partito il conto alla rovescia per l’attacco degli Stati Uniti contro la Siria. Alla Casa Bianca il ‘gabinetto di guerra’ di Barack Obama starebbe mettendo a punto gli ultimi dettagli prima di dare l’ok al lancio dei missili contro alcuni obiettivi siriani. Lo Studio Ovale aspetta, però, di entrare in possesso di prove sicure e certe prima di ordinare l’attacco. E le prove in mano all’intelligence americana su come le forze del regime siriano abbiano immagazzinato, assemblato ed usato le armi chimiche che sarebbero state utilizzate nel corso dell’attacco fuori Damasco potrebbero già essere sul tavolo del presidente degli Stati Uniti. Lo riferiscono alcuni funzionari statunitensi citati dal Washington Post, secondo i quali l’amministrazione si prepara a divulgare le prove in cui è dimostrato che il presidente siriano Bashar Assad sarebbe il responsabile di quello che i funzionari americani hanno definito un “innegabile” attacco chimico che ha ucciso centinaia di persone alla periferia della capitale. I tempi di una risposta militare dipendono non solo dalla necessità di raccogliere prove incontrovertibili contro Assad ma anche dal bisogno di consultarsi con il Congresso ed i partner internazionali.
Il principale alleato del presidente americano è il premier inglese David Cameron che concorda con Obama sulla necessità di intervento militare contro il regime siriano. “I due leader – secondo una nota diffusa da Downing Street – si sono trovati d’accordo sul fatto che tutte le informazioni disponibili confermano che un attacco con armi chimiche è avvenuto. E hanno entrambi convenuto che non c’è alcun dubbio sulla responsabilità del regime di Assad”. Anche Parigi si schiera apertamente con il blocco interventista. “Ho deciso – ha detto il presidente francese François Hollande – di accrescere il sostegno militare alla coalizione di opposizione siriana: il massacro di civili con gas non può restare senza risposta”.
La posizione dell’Italia in vista di un attacco che dovrebbe iniziare giovedì, secondo la Nbc, si discosta dai partner occidentali. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha ribadito che il governo italiano non parteciperà in alcun modo ai raid senza l’avallo dell’Onu. Ed anche con un un eventuale via libera delle Nazioni Unite, l’intervento italiano non sarebbe automatico, ma farebbe scattare un “serio dibattito in Parlamento”. Lo ha assicurato il ministro degli esteri Emma Bonino, alla quale ha fatto eco il collega alla Difesa Mario Mauro: “Non ci sono spazi – ha detto in un’intervista ad Avvenire – perchè l’Italia prenda parte attivamente ad una nuova azione militare”. E fonti del governo hanno spiegato che Roma non concederà l’uso delle basi militari sul territorio nazionale per eventuali operazioni in Siria senza l’avallo delle Nazioni Unite. “Voglio essere chiara: siamo di fronte a un crimine di guerra e il governo italiano si associa pienamente alla condanna internazionale – ha spiegato in una intervista rilasciata al Mattino- Tuttavia l’Italia non parteciperà attivamente ad azioni militari deliberate e attuate al di fuori del contesto delle Nazioni Unite. Il ministro ha ricordato che “il nostro Paese è già impegnato ai limiti delle sue possibilità in diversi teatri internazionali: in Libano con 1100 uomini, in Afghanistan con 3200 soldati, nei Balcani con 650 effettivi, nell`Oceano Indiano con più di 300 uomini, nel Sinai con 80 osservatori”, senza citare tutte le altre presenze minori, “in Libia, Somalia, Mali, Emirati Arabi, Malta etc. per un totale di quasi 6000 militari”.
La Russia, storico alleato di Damasco, continua ad ammonire sulle possibili ricadute di un intervento, anche per l’intera regione. “L’occidente, ha detto il vice-premier Dmitri Rogozine, si muove nel mondo islamico come una scimmia con una granata”. Per Mosca i tentativi di aggirare l’Onu “creano per l’ennesima volta pretesti artificiali e infondati per un intervento militare nella regione, gravidi di nuove sofferenze in Siria e conseguenze catastrofiche per Medio Oriente e Nord Africa”.
La Siria, da parte sua, non resterà a guardare e promette di non essere un ‘boccone facile’ e di sorprendere il mondo con una reazioni ferma e decisa contro gli ‘invasori’. E la Fars, l’agenzia iraniana vicina al Corpo d’elite dei Pasdaran, citando fonti militari, avverte gli Usa e i suoi partner che osare una vera guerra contro la Siria scatenerà un immediato contrattacco a Tel Aviv da parte di Damasco e i suoi alleati. “Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira e una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele”, avrebbe detto la fonte anonima alla Fars. “Siamo sicuri che se la Siria è attaccata – ha affermato inoltre il militare siriano – anche Israele sarà messo a fuoco. Imprecisati “esperti militari” citati sempre dall’agenzia Fars ritengono che i “missili supersonici e anti-nave della Siria, inclusi gli Yakhont, Iskandar e gli Scud che non possono essere né intercettati né deviati dalle gigantesche navi da guerra della Marina Usa stanno fungendo da deterrente per un attacco navale statunitense alla Siria”.