Superati gli entusiasmi iniziali, il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta sembrerebbe essere pronto a far dietro front sullo smart working. Riportare i dipendenti in ufficio e farlo il prima possibile, questo l’obiettivo che ha annunciato lui stesso già ad inizio settembre e che ha confermato, recentemente, intervenendo al question time della Camera di mercoledì 8 settembre.g
I motivi che hanno spinto Brunetta ad appoggiare il ritorno in ufficio dei lavoratori, non solo nel settore pubblico, sono essenzialmente due:
- garantire una maggiore produttività grazie alla presenza;
- abbandonare una modalità di lavoro – quella da remoto appunto – che è nata in una situazione emergenziale e che è stata adeguatamente regolata per permanere nel futuro.
Lo smart working è un lavoro a domicilio all’italiana. Su Wikipedia in inglese si dice che è un lavoro self service, all’italiana, da casa. Pensare di proiettare questo tipo di organizzazione, nata nell’emergenza, nel futuro mi sembra un abbaglio”, ha dichiarato il ministro alla Camera. “È stata una risposta emergenziale al lockdown. Si doveva tenere a casa i dipendenti pubblici, e lo si è fatto in questa modalità, o si potevano mettere in cig, come è stato fatto nel privato – ha aggiunto -. Un’idea intelligente ma attenzione, perché questo tipo di lavoro, costruito dall’oggi al domani, è senza contratto: questi lavoratori non hanno un contratto, è senza obiettivi, non c’è stata nessuna riorganizzazione per obiettivi del loro lavoro, è senza tecnologia, è a domicilio con uso di smartphone e computerino in casa, è senza sicurezza”.
Quale sarebbe allora, secondo Brunetta, l’alternativa valida allo smart working esteso a tutti i dipendenti? Nell’ambito della Pubblica Amministrazione, dove ha affermato che probabilmente confermerà la soglia del 15%, il lavoro da remoto non verrà completamente abolito. L’obiettivo, ha fatto però sapere in una recente intervista rilasciata al Corriere, è quello di regolarizzare il più possibile questo ambito, con contratti e interventi ad hoc, in modo tale da garantire massimi livelli di produttività.
Lo stesso, intervistato da La Stampa, ha inoltre spiegato che la sua presa di posizione nasce dalla convinzione che dal lavoro in ufficio – in presenza e al contatto con il pubblico – dipendano livelli più alti di efficienza. “La crescita potrebbe essere addirittura superiore, se si ripristinerà la modalità ordinaria di lavoro in presenza, tanto nel pubblico quanto nel privato – ha detto -. Partendo dalla scuola, con il rientro in classe di insegnanti e alunni. Un ritorno in presenza necessario anche per rendere pienamente effettive le riforme già attuate, come la semplificazione dell’accesso al superbonus 110%, nell’interesse di cittadini, famiglie e imprese”.