Per terapia genica si intende l’inserzione di materiale genetico (DNA) all’interno delle cellule al fine di poter curare delle patologie. Questa procedura di inserzione è nota come trasfezione. Per essere più esatti la terapia genica consiste nel trasferimento di uno o più geni sani in una cellula malata, al fine di curare una patologia causata dall’assenza o dal difetto di uno o più geni. Dunque, è necessario in primo luogo identificare il singolo gene o i diversi geni responsabili della malattia genetica. Sebbene le terapie siano generalmente sperimentali, si può tentare in secondo luogo, almeno per alcune malattie, la sostituzione dei geni malati sfruttando, ad esempio, come vettore un virus reso inattivo, svuotato preventivamente del suo corredo genetico. Con un meccanismo piuttosto complesso, che richiede l’uso di ‘forbici’ molecolari enzimatiche, enzimi di restrizione, con cui si preleva il gene ‘sano’, si può poi ‘correggere’ il DNA, rimpiazzando le sequenze difettose, in modo tale che la cellula sintetizzi correttamente le proteine necessarie al corretto funzionamento metabolico. La terapia genica fu concepita a seguito del grande progresso delle metodiche di biologia molecolare sviluppatesi dagli anni ’80. Tali tecniche consentirono il clonaggio ed il sequenziamento di vari geni. Ciò comportò la precisa identificazione di molte alterazioni geniche in diverse patologie e la capacità, grazie alle tecniche del DNA ricombinante, di modificare microorganismi per poter far loro esprimere delle molecole d’interesse. Il passo successivo consistette nella valutazione della possibilità di trasfettare le cellule somatiche di un individuo avente una malattia genetica con un segmento di DNA contenente l’allele sano. I primi accenni sull’utilizzo dei geni nel trattamento delle malattie risalgono agli anni settanta. Negli 1972 fu pubblicato su Science un articolo di Friedmann e Roblin intitolato ‘Gene therapy for human genetic disease?’ (terapia genica per le malattie genetiche umane’ma già nel 1970 Rogers aveva proposto l’uso di DNA esogeno ‘buono’ per sostituire quello non funzionante e causa di determinate malattie genetiche. Esistono due tipologie di terapia genica, quella delle cellule germinali e quella delle cellule somatiche. La prima si propone di trasfettare le cellule della linea germinale come spermatozoi ed ovociti o le cellule staminali totipotenti dei primissimi stadi dello sviluppo dell’embrione (alla fase di 4-8 cellule), ma attualmente essa non viene messa in pratica sia per ragioni tecniche e, soprattutto, per i grandissimi dilemmi etici che solleva. La seconda tipologia, invece, si propone di modificare solamente le cellule somatiche, senza intaccare, quindi, la linea germinale; oggigiorno è la via più studiata e tentata. La terapia genica delle cellule somatiche, a sua volta, viene suddivisa in due gruppi, la terapia genica ex vivo e quella in vivo. La terapia genica ‘ex vivo’ È la tipologia che venne messa in pratica per prima e consiste nel prelievo delle cellule somatiche della persona interessata. Esse, successivamente, vengono messe in coltura in laboratorio. Durante questo tempo vengono anche trasfettate con il gene d’interesse, inserito tramite un apposito vettore e successivamente vengono reinfuse o reimpiantate nel corpo del soggetto. Tale procedura è sicuramente la più lunga e la più costosa delle due ma permette di selezionare ed amplificare le cellule d’interesse ed inoltre gode d’una maggior efficienza. La terapia genica ‘in vivo’ viene attuata in tutti quei casi in cui le cellule non possono essere messe in coltura, o prelevate e reimpiantate, come quelle del cervello o del cuore e della maggior parte degli organi interni; inoltre, rappresenta un modello terapeutico molto economico ma, attualmente, di più difficile applicazione. In questo caso il gene, o oligonucleotide d’interesse viene inserito nell’organismo, tramite un opportuno vettore, direttamente per via locale o sistemica. La maggior parte delle malattie genetiche non sono causate da un difetto a un singolo gene. Un gruppo di ricerca italiano è ora riuscito a sostituire un intero cromosoma malato all’interno di una cellula staminale di mammifero. In tal modo la cellula è diventata a tutti gli effetti sana. Di certo la sua applicazione non sarà immediata ma ci dice che sostituire un cromosoma contenente numerose alterazioni genetiche con uno completamente sano è possibile. A dimostrarlo, in un esperimento illustrato sulla rivista Oncotarget, un gruppo di ricerca italiano, dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) di Milano e dell’Istituto clinico Humanitas, di Rozzano (Mi). Il gruppo di ricerca è infatti riuscito per la prima volta a sostituire un cromosoma difettoso con uno sano, all’interno di una cellula staminale di mammifero, in particolare, un topo. Mutazioni dannose nel DNA provocano malattie genetiche, spiega il coordinatore del team Paolo Vezzoni, dell’Irgb-Cnr. La terapia genica convenzionale non è in grado di curare, neanche in linea teorica, tutte le alterazioni genetiche poiché non consente il trasferimento di grandi porzioni di DNA. In particolare, sinora, non può nulla contro alterazioni cromosomiche importanti come, ad esempio, la mancanza di un intero cromosoma. Queste particolari anomalie potrebbero tuttavia essere curate se fossimo in grado di sostituire l’intero cromosoma difettoso con una sua copia sana, aggiunge il ricercatore. Nello studio, il gruppo si è concentrato sul cromosoma sessuale X, perché numerose malattie genetiche sono causate proprio da alterazioni di questo cromosoma, come ad esempio alcune varianti di distrofia muscolare o l’emofilia. In particolare, nel nostro esperimento il cromosoma da eliminare era portatore di una grave variazione genica che nell’uomo provoca la sindrome di Lesch Nyhan. Per raggiungere il risultato, il gruppo di ricerca ha utilizzato una metodica definita delle microcellule: ‘Un cromosoma X esogeno, trasportato da una microcellula vettore, è stato introdotto nelle cellule con cromosoma X malato, spiega il ricercatore. La presenza di una copia sana del gene originariamente difettoso ha così permesso di risolvere il difetto funzionale. La novità forse più importante della ricerca, però, non è la possibilità di inserire un cromosoma sano all’interno della cellula, ma quella di eliminare contestualmente il corrispettivo cromosoma malato. In tal modo la cellula ha un normale corredo cromosomico e diventa a tutti gli effetti una cellula sana effetti. La strada per l’applicazione della tecnica è ancora lunga. Verificarne la fattibilità sull’uomo è cosa complessa. E non è da escludere che la tecnica possa sollevare interrogativi etici. Ora c’è però la prova che si può fare e la cura per innumerevoli malattie a origine genetica è un passo più vicina.
Clementina Viscardi