Alle politiche la Spagna ha deciso un cambio di sistema ha affermato Pablo Iglesias. Il leader di Podemos ha detto che è nata una nuova Spagna, sottolineando come il Psoe abbia ottenuto oggi il peggiore risultato elettorale dalla fine della dittatura franchista. Quello del Pp, ha aggiunto, è il peggiore dal 1982. Podemos, ha detto il numero due del partito Inigo Errejon, sarà lo strumento politico fondamentale perché in Spagna si chiuda la porta alla corruzione e alla diseguaglianza. Il voto ‘storico’ della Spagna, che alle politiche di oggi ha detto addio al sistema del bipartitismo al potere dalla morte del dittatore Franco, dando una vittoria fragile al premier Mariano Rajoy, rende a forte rischio la governabilità del paese. Il Partido Popular di Rajoy arriva primo con ‘solo’ 122 seggi su 350 in parlamento. Perdendo quindi la maggioranza assoluta di 186 deputati conquistata nel 2011. A spoglio quasi terminato, con l’86% delle schede scrutinate, il Pp ha il 28,6%, il Psoe il 22,3%, Podemos il 20,7% e Ciudadanos il 13,7%. La proiezione in seggi dà ai popolari 122 deputati, 93 ai socialisti, 69 a Podemos e 38 a Ciudadanos. I vari partiti nazionalisti e Izquierda Unida sono a 27 seggi.Il voto ‘storico’ della Spagna, che alle politiche di oggi ha detto addio al sistema del bipartitismo al potere dalla morte del dittatore Franco, dando una vittoria fragile al premier Mariano Rajoy, rende a forte rischio la governabilità del paese. Il Partido Popular di Rajoy arriva primo con ‘solo’ 122 seggi su 350 in parlamento. Perdendo quindi la maggioranza assoluta di 186 deputati conquistata nel 2011. Sulla base dei primi dati, la Spagna potrebbe dovere rinunciare definitivamente non solo alla comodità del bipartitismo che ha governato il paese dal ritorno della democrazia 40 anni fa, ma anche alla sua leggendaria stabilità politica entrando in scenari ‘all’italiana’. I risultati delineano infatti un quadro di difficile governabilità. Nessun partito ottiene la maggioranza assoluta. E il risultato in seggi del Pp rende difficile un governo minoritario di Rajoy e si dovrebbe fare ricorso a una qualche improbabile stampella di qualche deputato di piccoli partiti nazionalisti. Questa situazione complicata rischia di dare un ruolo senza precedenti al giovane re Felipe VI, che potrebbe dover mediare per nuove alchimie che consentano di evitare un ritorno anticipato alle urne. Una ipotesi che preoccupa gli ambienti finanziari, in un paese ancora in convalescente uscita dal tunnel della crisi più profonda dell’ultimo mezzo secolo. L’unica coalizione che matematicamente garantirebbe i 176 seggi è una ‘grosse-koalition’ alla tedesca fra Pp e Psoe, già da tempo ipotizzata per garantire la stabilità del paese dall’ex-premier socialista Felipe Gonzalez. Lo stesso Rajoy venerdì per la prima volta non ha escluso categoricamente questa ipotesi. Il nuovo parlamento spagnolo eletto oggi si costituirà formalmente il 13 gennaio prossimo, 20 giorni dopo che i risultati delle elezioni saranno stati resi noti ufficialmente, cioè mercoledì prossimo. L’investitura del nuovo presidente del governo, designato dal re, tradizionalmente interviene circa due settimane dopo la formazione del Congresso e del Senato. Le date più probabili, secondo la tv pubblica Tve, sarebbero fra il 25 e il 29 gennaio, salvo particolari difficoltà nella costituzione della nuova maggioranza.