Spagna, Rajoy vince con il 33%: ‘Rivendichiamo il diritto a governare’

Nessuna certezza dalle urne in Spagna. Le elezioni hanno riproposto i risultati del voto di dicembre 2015 con il Pp primo partito ma senza maggioranza assoluta, davanti a Psoe, Podemos e Ciudadanos. Un voto che ha visto tramontare il ‘sogno’ di Podemos di diventare il primo partito della sinistra, superando i socialisti, e candidarsi alla guida del governo. Dopo la pubblicazione di un disastroso exit-poll che dava il partito post-indignados davanti allo Psoe e il suo leader Pablo Iglesias in buona posizione per candidarsi a premier di un governo di sinistra, i risultati reali mano a mano hanno rovesciato il quadro politico. Così l’inaffondabile Mariano Rajoy sopravvive ad un’altra elezione e, anzi, è il vincitore relativo delle politiche spagnole. ‘Rivendichiamo il diritto di governare, perchè abbiamo vinto’,  ha detto questa notte il premier spagnolo uscente e leader del Pp Mariano Rajoy davanti a una folla di sostenitori festanti davanti alla sede del partito in calle Genova. Da domani, ha aggiunto, inizieremo a parlare con tutti in vista della formazione di un futuro governo. Il Pp del premier spagnolo Mariano Rajoy ha superato il Psoe nel suo bastione storico, l’Andalusia, secondo i dati definitivi delle elezioni politiche di ieri. I popolari hanno ottenuto nella ‘regione rossa’ il 33,5% dei voti e 23 deputati, contro il 31,2% e 20 seggi dei socialisti. Podemos è terzo con il 18,5% e 11 deputati andalusi. Il Pp di  Rajoy ha conquistato la maggioranza assoluta nel Senato di Madrid con 130 seggi su 208, davanti a Psoe (43) e Podemos (16). Rispetto al Senato uscente il Pp cresce di 6 seggi, il Psoe ne perde 4. I senatori in Spagna non votano la fiducia al governo ma sono decisivi nelle riforme costituzionali. Il Pp di Rajoy si rafforza rispetto a dicembre: cresce di 13 deputati, a quota 137 su 350, con il 33% dei voti. Gli elettori hanno votato la ‘sicurezza’ contro l’avventura di Podemos. Così i popolari hanno vampirizzato anche il partito moderato emergente Ciudadanos, che è sceso da 40 a 32 seggi e al 12,9%. I socialisti, in leggera flessione a 85 deputati contro i 90 del Congresso uscente,  con il 22,8%,  si sono salvati però dal disastro annunciato dai sondaggi, che unanimi prevedevano il sorpasso di Podemos. Questi i risultati del ‘secondo turno’, provocato dalla paralisi del parlamento dopo le politiche di dicembre, senza maggioranze chiare e fra veti incrociati dei partiti, rischiano però di non risolvere il problema della governabilità del Paese. Rajoy ha continuato a proporre durante la campagna elettorale quanto ha sostenuto negli ultimi sei mesi, cioè una gran coalicion con socialisti e Ciudadanos che garantisca per quattro anni la stabilità del paese in un quadro ‘europeo’. Il leader socialista Pedro Sanchez però finora ha risposto ‘no’. E da soli, popolari e Ciudadanos non arrivano alla maggioranza assoluta di 176 seggi del Congresso. Ancora più difficile un’alleanza tra Psoe e Podemos, che di sicuro non arrivano insieme alla maggioranza assoluta senza i voti delle minoranze, come i nazionalisti baschi del Pnv (5 seggi) o gli indipendentisti catalani di Cdc e Erc (17 deputati). Il premier uscente si presenta però ora alle trattative con gli altri partiti con una maggiore autorevolezza: quella del solo leader che ha vinto, e non poco, in queste politiche. Il partito socialista spagnolo ha ottenuto il suo peggiore risultato storico in seggi nel Congresso dei deputati. Rispetto alle politiche di dicembre, che già avevano fatto toccare ai socialisti il livello più basso dalla fine della dittatura franchista, il Psoe ha perso 5 deputati (85 contro 90) e mezzo milione di elettori. Dopo quella sulla Brexit, nuova sconfitta per gli istituti demoscopici che in Spagna hanno dato previsioni smentite poi dal voto reale. Per le due settimane di campagna tutte i sondaggi hanno accreditato lo ‘storico’ sorpasso di Podemos sui socialisti. L’abbaglio spagnolo segue di soli tre giorni il flop dei sondaggisti britannici della Brexit che davano il ‘Remain’ al 52% e il ‘Leave’ al 48%, mentre era vero esattamente il contrario, come milioni di europei hanno scoperto al risveglio venerdì mattina. Non soltanto in Gran Bretagna sembra comunque l’emergenza di nuovi partiti o di elementi non previsti a complicare il quadro per i sondaggisti. L’affluenza alle urne in Spagna ha fatto registrare una netta flessione alle 18, con sette punti in meno rispetto alle ultime politiche di dicembre scorso, secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni.

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