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Il referendum catalano sull’indipendenza, proclamato contro la volontà del governo spagnolo, ha fatto precipitare il Paese nella crisi più grave dalla fine del franchismo.I toni accesi ricordano a tratti la Guerra civile.L’Unione Europea assiste con preoccupazione a quanto sta accadendo in uno dei suoi maggiori stati membri.La Catalogna è tra le più ricche e dinamiche regioni d’Europa. Al momento Madrid e Barcellona si trovano su posizioni diametralmente opposte. Il governo regionale sostiene che la Catalogna abbia il diritto alla secessione dallo Stato spagnolo se la maggioranza dei suoi cittadini lo richiedono . Dall’altro lato il Governo spagnolo attraverso il suo Premier Rajoi ritiene che i catalani siano confusi da una sorta di delirio giuridico e politico. Il referendum indipendentista è incostituzionale in quanto le norme prevedono che la Spagna è uno stato uno e indivisibile. La sovranità appartiene a tutti i cittadini spagnoli nel loro complesso e non alle regioni. Il problema di chi voglia costituire uno stato sovrano è pragmatico, si trova necessariamente a dover pesare interessi e obiettivi contrastanti. Da un lato, non si può consentire qualunque secessione unilaterale. Dall’altro lato, in una democrazia, è politicamente e moralmente problematico costringere milioni di persone a far parte di uno stato centralizzato se non lo vogliono. C’è un contrasto tra i diversi obiettivi.Da una parte, sarebbe utile mantenere confini stabili ed evitare tante frammentazioni politiche e istituzionali. Dall’altra parte, i confini dei Paesi dovrebbero riflettere il più possibile il consenso dei cittadini, comprese le minoranze linguistiche e culturali.IN passato l’unità nazionale si teneva con la forza, Non a caso i catalani nel passato subirono da parte della monarchia borbonica forti vessazioni con la soppressione di tutte le libertà autoctone e lo stesso fece la dittatura franchista. Se è vero che la Spagna ha una Costituzione democratica adottata con il consenso della quasi totalità degli spagnoli, nel 1978, è anche vero che la struttura istituzionale continua ad essere sorprendentemente centralizzata e inadatta ad un Paese con tanta diversità storica, economica e culturale. E mentre dopo la fine del franchismo si è fatto qualcosa in termini di autonomia culturale, poco o niente si è fatto in termini di decentralizzazione fiscale e altre riforme istituzionali.Queste mancate riforme hanno esasperato l’animo dei catalani e rafforzato sempre di più in loro il sentimento indipendentista. Indubbiamente il braccio di ferro tra Madrid e Barcellona ha portato ad un aumento esponenziale delle forze centrifughe.Il nodo centrale della questione è che i confini nazionali e le unioni politiche non sono entità naturali permanenti ed eterne, ma istituzioni umane, che possono essere modificate quando mutano le esigenze politiche ed economiche dei propri cittadini. Negli ultimi decenni sono nate tanti movimenti e partiti che cercano di orientare i cittadini verso il separatismo e l’autonomia, politica e territoriale. Difronte a queste tendenze, la comunità internazionale si trova spesso impreparata e priva di strumenti giuridici e politici flessibili ed efficaci. Democrazia, cooperazione internazionale ed integrazione economica internazionale hanno aumentato gli incentivi per formazioni e autonomie di Paesi più piccoli. Di conseguenza, ci dobbiamo aspettare per il futuro un aumento delle domande d’indipendenza da parte di popolazioni che non si sentono rappresentate dai propri governi.La reazione degli stati non deve essere il mantenimento dei confini politici e territoriali a tutti i costi, ma occorre flessibilità e pragmatismo nell’uso delle istituzioni democratiche.Al contrario atteggiamenti di chiusura alle spinte verso il separatismo e l’autonomia, portano a situazioni come quella della Catalogna nei confronti della Spagna.
