Riceviamo, e volentieri publichiamo, da James Hansen il seguente articolo:
Cari amici e parenti, dunque, è vero, il coronavirus è arrivato in Piemonte. Non posso dire di esserne oltremodo preoccupato – non circondato dalla felice incoscienza delle molte migliaia di persone accorse lo stesso qui ad Ivrea a bere troppo vin brûlé e lanciarsi addosso le arance per la curiosa celebrazione carnevalesca del posto.
Forse sarà l’ultimo momento per un po’ in cui troverò conforto nella folla.
La notizia dell’esplosione del contagio ha poi interrotto i combattimenti in corso, lasciando inconsumati tanti ettolitri di vino speziato e tonnellate intere di arance ancora da lanciare, ma l’imprevisto arrivo del resto del mondo qui su ha più deluso che agitato.
Crescerà l’isterismo nei prossimi giorni, specialmente perché la risposta istituzionale del Governo italiano – indeciso a tutto – è stata prima di raccomandare l’introduzione della quarantena “fai da te” e poi di incrociarsi le dita. La politica si è, in altre parole, posizionata per prendere tutto il biasimo possibile per qualunque cosa possa succedere – senza incidere minimamente sull’andamento del contagio…
Storicamente, le quarantene sono comunque delle necessarie palliative che perlopiù non funzionano – beh, con un’eccezione. Nei “bad old days” dell’amministrazione coloniale dell’Africa quando arrivava nella capitale la notizia di un focolaio della peste scoppiato in qualche villaggio, si mandava un distaccamento di ascari per circondare il posto e, per un mese, uccidere chiunque tentasse di uscirne. Poi, i soldati vennero tolti e chi doveva sopravvivere sopravviveva.
Il metodo si rivelò molto efficace per limitare la mortalità complessiva nel distretto, ma per evidenti motivi cadde in disuso e non fu sostituito da altri meccanismi della stessa efficacia.
Ad ogni modo, io mi sono limitato ad andare all’iper per fare un po’ di scorte – soprattutto per i miei animali: richiedono un’alimentazione più precisa della mia. Allo scoppio della guerra per il Kuwait si sono svuotati gli scaffali dei supermercati per paura che la prospettata chiusura del Canale di Suez potesse interrompere l’arrivo dei viveri. Nel dubbio, gli italiani – intelligentemente – si fanno ampie scorte di pasta asciutta. Costa poco e si tiene bene. Nei grandi centri si comprano anche enormi quantità di acqua minerale, non si sa per far cosa…
La mia visione di tutto questo è che stiamo subendo un eccesso di notizie. Finora, il numero di morti da coronavirus nel mondo è di circa un trentesimo della totale mortalità annuale americana per la banale influenza di stagione. Ora, i cinesi potrebbero star mentendo – quasi sicuramente mentono – ma siamo lontanissimi dai “cadaveri insepolti nelle strade” che la storia ricorda della Peste Nera quando azzerò metà Europa nel 14° secolo.
Realisticamente – così a me sembra – credo vedremo più mortalità dai gravissimi sconquassi economici che risulteranno da tutto ciò che non dalla malattia in sé. La memoria umana è corta e dimentichiamo sempre che “annate d’influenza” arrivano, fanno i loro danni e poi riscompaiano nella storia. Mi aspetto che la vastissima maggioranza di noi sopravvivrà anche questa volta.
Il modello ancora presente nella mente popolare è Ebola – giustamente terrorizzante – ma molta più gente è morta per la febbre suina (una decina d’anni fa). Allora si stimò che avesse ucciso circo 19mila persone nel mondo. In seguito la stima fu portata a 150mila, ma non se ne accorse nessuno.
SARS (2002-3) fece fuori circa 800 persone. La ’‘Aviaria” (2003-4), solo 400. L’influenza “Hong Kong” (1968-70) ne ammazzò forse un milione nel mondo, ma non se la ricorda nessuno. La “Asiatica” (1957-8) parrebbe avere ucciso 1,1 milioni di persone – una brutta cosa, ma la vita come la conosciamo non scomparve dalla Terra. La “Spagnola” del 1918-9 ci andò più vicino, con 50 milioni di morti (cinque volte la mortalità della Grande Guerra) ma ciò in un’altra epoca storica e chissà come andrebbe oggi.
In quest’ultimo caso, mi pregio di ricordare che noi americani riuscimmo in qualche maniera a mollare una nostra malattia ad altri: nei fatti, i primi casi della “Spagnola” scoppiarono negli Stati Uniti, non in Spagna.
Sono comunque abbastanza dell’idea di sopravvivere al nuovo giro. Vi farò sapere in caso contrario…
A presto, James