Sanità, giustizia, difesa,scuola, dipendenti pubblici e province. Nei provvedimenti del governo sulla spending review c’è tutto: nessun settore è stato escluso dall’accetta di Mario Monti per far quadrare i conti. Il presidente del consiglio deve fare cassa subito per trovare quei quasi cinque miliardi di euro per evitare, almeno per quest’anno, l’aumento dell’Iva di due punti percentuali ed evitare il cartellino rosso dall’Ue. La cura dimagrante del governo farà scomparire circa il 50% delle 107 province italiane che, per il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, rappresenta una “vera e propria svolta nell’assetto dello Stato”. “L’Italia, con il taglio delle Province, compie una vera e propria svolta nell’assetto dello Stato. Basta con i micro feudi, conclude il ministro commentando la riduzione del numero delle province”. Addio al posto fisso nel pubblico impiego con tagli per dirigenti e funzionari. La scure colpisce in modo secco soprattutto la Sanità. Entro il 30 novembre si dovranno tagliare circa 18mila posti letto, tra pubblico e privato con una quota di pubblico ‘puro’ che deve essere non inferiore al 40% del totale. In questo modo dovrebbe essere raggiunto lo standard di 3,7 posti letto per 1000 abitanti. Nella norma sulla rideterminazione dei posti letto si specifica che la riduzione deve avvenire “esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse”. Un provvedimento questo criticato duramente dalla Cgil che parla di 1000 reparti e altrettanti primari ospedalieri a rischio. Anche i farmacisti si scagliano contro i tagli del governo tecnico e per il 10 luglio promettono una manifestazione in piazza Montecitorio davanti alla Camera. Non è esclusa una serrata delle farmacie. Tra le misure prese dal Governo che non piacciano ai farmacisti, dice Annarosa Racca, presidente di Federfarma, spicca “un aumento dello sconto obbligatorio da fare al Ssn del 3,85% e l’abbassamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale dal 13,3% all’11,5%. Inoltre dobbiamo pagare il payback nel 2013. Così si lavora in perdita”. Anche il ministero della Difesa subirà una bella sforbiciata dalla cura di Mario Monti. Nel biennio 2013-2014 la spending review del ministero della Difesa comporterà tagli di un miliardo di euro complessivi. A questi si aggiungono i risparmi derivanti dalla cessione di tutti gli immobili della Difesa al fondo del demanio e dalla decurtazione del 10% del personale. I tagli colpiscono anche le intercettazioni telefoniche con un risparmio quantificato in oltre 60 milioni di euro annui. La norma contenuta nella spending review prevede che il numero dei colloqui ascoltati resti invariato e per fare cassa si ricorrerà alla gara unica nazionale. L’iscrizione alle scuole statali sarà solo on line e fa il suo esordio la pagella informatica. Critici i sindacati. Il decreto sulla spending review “pur cominciando ad affrontare la questione dei risparmi, non scioglie i veri nodi su cui occorre incidere per una strutturale razionalizzazione della spesa pubblica”, è il commento della Uil che con Cgil parla di una ‘mannaia abbattutasi sulla sanità italiana’. Sul versante politico voci discordanti e iniziano a farsi largo ‘qualche distinguo”. Il Pd concorsa con principio della spending review, ma su “due, tre punti vogliamo guardarci”, a cominciare dalla ‘sanità’, ha detto Pierluigi Bersani. Un “passo avanti e un segnale concreto di riduzione delle spese”, commenta per l’l’Udc Mauro Libé. Il governatore della Puglia, Nichy Vendola, parla di provvedimento “ammazza Italia”. Polemica anche la Lega: “il governo non taglia dove serve”, dice il neo segretario Roberto Maroni.
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