Il modello tedesco è sull’orlo del baratro. La Germania, finora la più forte economia di tutta la eurozona, rischia la stagflazione, e smette di essere un riferimento per gli altri Paesi comunitari. I prezzi alla produzione sono aumentati in questo periodo a una velocità mai vista negli ultimi 73 anni. Proprio mentre gli economisti fanno previsioni pessimistiche riguardo la crescita economica, che non riguardano solo l’Europa ma il mondo intero.
Si parla di un incremento del 30,9%, registrato a marzo, rispetto al 2021. Il più alto dal 1949, il primo anno in cui si è iniziato a registrare questo dato. Molto più alto di quanto anticipato, anche a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La guerra ha alzato i costi delle materie prime e dell’energia per tutte le filiere tedesche, e l’aumento dei prezzi alla produzione suggerisce un tasso di inflazione che rimarrà molto alto per un lungo periodo di tempo.
La Germania ha vissuto già negli anni ’70 un periodo di stagflazione. Un fenomeno che avviene in presenza di un’alta inflazione e una crescita quasi nulla. Oggi l’inflazione sui prezzi alla produzione sta correndo a una velocità doppia rispetto a 50 anni fa, e il Fondo Monetario Internazionale ha abbassato la previsione di crescita per l’anno in corso di 1,7 punti percentuali, portandola al 2,7% rispetto alla precedente.
Nessuna economia occidentale ha visto una riduzione simile, dovuta soprattutto agli alti rischi che corre l’industria tedesca in questo momento a causa della dipendenza energetica dalla Russia, da cui arriva il gas naturale necessario per produrre l’energia elettrica. Il prezzo di questa risorsa è aumentato del 145% rispetto all’anno scorso. Anche il petrolio ha subito un aumento del 61%. Oggi l’elettricità costa l’84% in più nel Paese.
Ma non basta. Anche altri prodotti importati dall’Est, come fertilizzanti, cibo per il bestiame, legno e farina hanno visto rincari dal 34% fino anche all’87%. E gli alti costi delle imprese potrebbero tradursi molto presto in aumenti per i consumatori. L’inflazione per i compratori finali è già arrivati alla storica cifra, mai raggiunta dalla riunificazione del Paese, del 7,3%. E potrebbe nei prossimi mesi arrivare anche al 10% e superarlo.
La Germania comunque non è la sola economia messa gravemente a rischio dal conflitto in Ucraina. Il World Economic Outlook, report pubblicato due volte l’anno dal Fondo Monetario Internazionale, ha infatti nei giorni scorsi lanciato un avvertimento che riguarda tutto il mondo, minacciato dalla stagflazione
I danni economici della guerra, secondo gli esperti, contribuiranno in maniera significativa a rallentare la crescita globale e ad alzare i tassi di inflazione. Si passerà da una crescita del Pil del 6,1% del 2021 a una del 3,6% nel 2022 e nel 2023. Stiamo già assistendo agli effetti della crisi nell’Est dell’Europa, con l’aumento del prezzo del carburante e del cibo che sta colpendo in particolare le famiglie a basso reddito. In un circolo vizioso che sta creando un nuovo esercito di poveri.
Per questo, spiegano gli analisti del FMI, è necessario che i leader mondiali si sforzino arrivare a negoziati di pace in tempi brevi, e senza ignorare le gravi minacce rappresentate dal cambiamento climatico e dalla pandemia ancora in corso.