In commissione Bilancio alla Camera si registra un rallentamento nell’iter della manovra economica, con il governo Meloni che ha scelto di non depositare gli emendamenti previsti. Questa decisione è arrivata dopo una lunga attesa, durante la quale le critiche dell’opposizione non sono mancate.
Il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Federico Freni, ha spiegato le ragioni del rinvio: “C’è la volontà di fare le cose per bene, nel rispetto delle prerogative delle opposizioni e della maggioranza. La fretta è una cattiva consigliera”.
Tra le principali contestazioni mosse dall’opposizione, spicca la mancanza di una relazione che chiarisse i dettagli economici delle modifiche proposte. Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, ha dichiarato: “C’erano tantissime coperture che non potevano stare dentro un maxi emendamento, andava spacchettato. Ancora adesso non c’era una relazione che facesse capire quali sono le uscite e quali le entrate, non c’erano i presupposti per il deposito”. Le parole di Grimaldi sottolineano un clima di insoddisfazione per la gestione del processo.
Il rinvio della presentazione degli emendamenti ha alimentato le tensioni tra maggioranza e opposizione, con quest’ultima che accusa il governo Meloni di scarsa trasparenza e preparazione. D’altro canto, l’esecutivo ha difeso la scelta di “spacchettare” il maxi emendamento in diverse proposte, una mossa necessaria per rendere più gestibile l’analisi delle coperture economiche e delle modifiche.
Con la fine dell’anno che si avvicina, la necessità di concludere l’iter della manovra diventa sempre più stringente. Questo stallo solleva interrogativi su come il governo affronterà le prossime fasi, cercando di bilanciare l’urgenza con la qualità e la precisione delle proposte.
I ministri e i sottosegretari che non sono parlamentari avranno lo stesso “trattamento economico complessivo” (più alto) dei colleghi che sono deputati o senatori. Lo stesso stipendio, insomma. La novità spunta in un emendamento dei relatori alla manovra, che interviene su una legge del 1999 proprio in materia di indennità dei ministri e dei sottosegretari non eletti nelle aule parlamentari. Il costo per lo Stato, a decorrere dal prossimo anno, è stimato in 1,3 milioni di euro.
Ma non è la sola novità. Lo stesso emendamento prevede che i componenti del governo non possano svolgere incarichi retribuiti “in favore di soggetti pubblici o privati non aventi sede legale o operativa nell’Unione europea”. Se il divieto viene violato, il compenso percepito dovrà essere versato al bilancio pubblico entro 30 giorni dall’erogazione: le risorse “saranno riassegnate al fondo di ammortamento dei titoli di Stato”.