‘‘Nel Paese del ‘caso Cucchi’, nonostante siano passati 25 anni da quando il nostro Paese ha ratificato la Convenzione ONU contro la tortura e altre pene e trattamenti inumani e degradanti, ancora nell’ordinamento italiano non e’ stato introdotto un reato specifico, come richiesto dalla Convenzione, che la sanzioni”. Lo afferma la radicale Irene Testa. ”E’ un fronte che ci vede impegnati da anni, per cui, come Radicali, abbiamo tentato con tutti gli strumenti legislativi e non, di sanare questo vuoto normativo, questa ennesima offesa della Repubblica nei confronti del diritto internazionale e, dunque, dello stesso diritto nazionale. Ritengo importante ricordare ai nostri legislatori, alla politica e all’informazione, che una norma di civilta’ giuridica e sociale aspetta da 25 anni di essere infine promulgata, mentre il resto del mondo civile e le Nazioni Unite ci osservano”, ha concluso.
Quelle immagini di un corpo tumefatto, di uno sguardo spento da giorni e giorni di violenze, non verranno facilmente dimenticate dagli italiani. Finalmente però Stefano Cucchi avrà la giustizia che merita. Cinque medici su sei sono stati, infatti, condannati per omicidio colposo per la sua morte: il primario Aldo Fierro a due anni, i medici Stefania Cordi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo a un anno e 4 mesi. Rosita Caponetti a otto mesi per il reato di falso ideologico. I tre agenti penitenziari sono stati assolti per insufficienza di prove mentre i tre infermieri sono stati assolti con formula piena.
Ed in aula la tensione dei presenti viene a stento trattenuta dalla polizia. C’è chi urla “assassini”, Il pubblico viene tenuto a stento dagli uomini della polizia, mentre la sorella di Stefano scoppia in lacrime alla lettura della sentenza: “Io non mi arrendo – ha detto – Giustizia ingiusta”. “Mio fratello è morto di ingiustizia. I medici dovranno fare i conti con la loro coscienza, mio fratello non sarebbe morto senza quel pestaggio”. Ilaria è uscita dall’Aula bunker di Rebibbia tra gli applausi dei manifestanti che chiedevano condanne per gli agenti e gli infermieri. In molti le hanno detto, scortandola fuori, “Non ti lasciamo sola”. Ilaria ha risposto loro: “La verità la sappiamo noi, la giustizia non è la verità, noi non ci fermiamo”.
Sono soddisfatti in polizia, per l’assoluzione dei tre agenti: “Come sindacato della Polizia Penitenziaria abbiamo sempre sostenuto che nella morte di Stefano Cucchi gli appartenenti al Corpo non hanno alcuna responsabilità e che la Giustizia vera si debba affermare nella aule del Tribunale e non altrove, meno che mai nelle piazze ed è per questo che la sentenza di ieri della Corte di Assise di Roma ci rende per la gran parte soddisfatti”. Ad affermarlo è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria. “Non ci rende per niente soddisfatti invece, viste anche le grida e le invettive in aula, prosegue il leader dell’Osapp, il fatto che gli anni di sereno confronto e di dibattito democratico sul caso Cucchi, a cui anche noi abbiamo partecipato, non siano serviti a far comprendere che, nella gravissima emergenza del carcere in Itala e nel degrado penitenziario che l’inerzia politica mantiene tale, la Polizia Penitenziaria costituisca l’unica reale risorsa al servizio dei Cittadini”. “Pur volendo ulteriormente comprendere la rabbia di chi legittimamente cerca cause e responsabilità nella morte di un proprio caro, conclude Beneduci, non possiamo esimerci dallo stigmatizzare totalmente quelle politiche di parte che fanno dell’odio indiscriminato nei confronti dei fedeli servitori dello Stato e della collettività la propria unica ragione di esistenza”.
Non sempre la giustizia fa il suo corso come dovrebbe, lo sa bene la madre di Federico Aldrovandi, il 18enne ucciso durante un controllo di polizia e non ha paura di gridarlo: “La sentenza è un oltraggio alla Giustizia, al buon senso e alla logica. Del resto il processo è partito dalla fine, dal ricovero in ospedale. Tutto il contrario della realtà, come se Stefano Cucchi non avesse subito il pestaggio che si vede dalle foto. Coperto dal peggior nulla che ci sia: quello di chi non vuol vedere e sentire”. Queste sono le parole di Patrizia Moretti, la mamma che ha sofferto lo stesso dramma della famiglia di Cucchi. “C’è qualcuno? Ci sentite?? Le amiche dei Cucchi e mie, prosegue Patrizia Moretti, circondate da guardie armate e sorvegliate a vista…. Temo che ci siano da parte dei potenti alcuni problemi nel discernere i delinquenti. Ve lo dico io: gli assassini sono quelli che ammazzano di botte la gente. Se non lo capite, cambiate mestiere. Ci fate paura e non vi vogliamo nella nostra Italia onesta”.