Il Decreto Aiuti bis e il taglio del cuneo fiscale garantirà stipendi mediamente più alti, ma avrà anche ricadute sul fronte tasse e sul Bonus 200 euro
La crisi economica acuita dalla guerra in Ucraina, soprattutto a causa dell’aumento di prezzi e bollette, è arrivata a livelli insostenibili per la famiglia media italiana. Per questo motivo il Governo ha deciso di intervenire con un nuovo sostegno contro il carovita che si concretizzerà con il Decreto Aiuti bis, per il quale sono stati messi a disposizione 14,3 miliardi di euro (con Draghi che chiede la proroga del Bonus 200 euro).
Già dal mese di agosto milioni di italiani potrebbero ricevere un aumento in busta paga grazie a un taglio dei contributi. Una misura che si va ad aggiungere a quelle già messe in campo per la proroga degli sconti per bollette e carburanti, la rivalutazione delle pensioni e le agevolazioni per le imprese.
Taglio del cuneo fiscale (e dei contributi)
Il 4 agosto il Consiglio dei ministri dovrebbe dare il via libera al Decreto Aiuti bis, che prevede il taglio di un punto percentuale del cuneo fiscale, in aggiunta a quello dello 0,8% stabilito da gennaio (oltre che alla riduzione dell’Irpef e all’assegno unico per i figli). L’iniziativa andrà a tutelare i redditi medio-bassi, perché riguarderà i contribuenti che guadagnano non più di 35mila euro lordi l’anno (retribuzioni imponibili lorde non superiori a 2.692 euro mensili). In termini pratici, vuol dire che lo Stato chiederà ai lavoratori meno contributi per la pensione e il welfare.
La tornata elettorale del 25 settembre (qui trovate come e quando si vota) potrebbe però cambiare le carte in tavola, visto che il nuovo programma di aiuti dovrebbe valere fino a dicembre e andrà comunque confermato dal nuovo Esecutivo.
Aumento dello stipendio: quanto vale l’aiuto
I contributi “tagliati” saranno versati dallo Stato, incrementando dunque la somma che il contribuente si vedrà accreditata in busta paga. L’annunciata sforbiciata dell’1% si tradurrà in circa 18-20 in più al mese per chi si trova nella fascia più alta della platea dei beneficiari, cioè chi percepisce uno stipendio di circa 1.600 euro netti mensili.
La cifra sarà ovviamente inferiore per chi ha redditi più bassi: chi guadagna mille euro al mese, vedrà un aumento medio di circa 10 euro.
Come funzionano i contributi
Sulla retribuzione imponibile previdenziale riconosciuta al dipendente si calcolano i contributi dovuti all’Inps che, di solito, ammontano al 33% per quanto riguarda i lavoratori subordinati. Di questo 33%, la quota più consistente grava sul datore di lavoro: il 23,81% nel settore privato, il 24,20% nel pubblico. Di conseguenza, la percentuale di cui deve farsi carico il dipendente è del 9,19% nel privato e dell’8,8% nel pubblico.
Dalla retribuzione imponibile previdenziale viene dunque sottratta la quota di contributi da versare alla Cassa. Sul risultato ottenuto, poi, si applica l’Irpef dovuta dal dipendente, al netto delle detrazioni, così da calcolare lo stipendio netto effettivamente percepito.
L’altra faccia della medaglia: le tasse e il Bonus 200 euro
Dato che i conti pubblici devono sempre quadrare, almeno sulla carta, come farà lo Stato ad ammortizzare l’esborso extra per il taglio del cuneo fiscale? Con ogni probabilità i lavoratori dovranno pagare più tasse in proporzione all’imponibile: chi guadagna di più, sborserà di più.
La misura del Governo destinerà inoltre meno risorse del Bonus 200 euro, garantito a 30 milioni di connazionali e costato circa 6,8 miliardi di euro. Il contributo non sarà infatti rinnovato, ma solo esteso a chi era stato escluso dalla prima versione come lavoratori precari e stagionali.