Storace si candida a sindaco di Roma

Francesco Storace si candida a sindaco di Roma. Il leader de ‘La Destra’ lo ha spiegato alla convention ‘Proposta per Roma’ all’Auditorium Salesianum, lanciando anche una raccolta firme per le primarie del centrodestra nella Capitale affinché il nome del candidato sindaco venga dal basso: ‘Mi candido per dedicarmi esclusivamente alla città perchè non se ne può più di sindaci che pensano alla politica nazionale.  Se sarò sindaco, la mia vita politica si chiuderà col Campidoglio’. Quindi, ha osservato che il primo compito del futuro sindaco di Roma sarà  fare pace con i dipendenti e con i vigili urbani perché bisogna smetterla di litigare tra le mura di casa. Inoltre, per fare pulizia in Campidoglio ed evitare altre inchieste come Mafia capitale, Storace propone una black list di imprese e persone da tenere a distanza: ‘La sensazione è che, sotto mentite spoglie, a lavorare con il Comune di Roma siano sempre gli stessi personaggi. Quindi voglio fare un censimento e una black list di persone e imprese che non devono più lavorare con il Comune di Roma. Io sono un uomo di destra, e magari fosse in campo una candidatura di destra, a partire da Giorgia Meloni. Ho deciso di scendere in campo nel momento in cui c’è stata un’esitazione’. Hanno detto tutti è difficile fare una campagna elettorale in gravidanza, ha aggiunto riferendosi a Meloni, la leader di Fratelli d’Italia che ha annunciato di essere incinta. Se la vuole fare lavoreremo il doppio, lo voglio dire con grande lealtà e franchezza. Ma al momento mi sembra siano tre i nomi in lista per il centrodestra: ‘Io, Marchini e Bertolaso’. Ad ascoltare Storace anche gli ex assessori della Giunta Alemanno Sergio Marchi e Fabio De Lillo, gli ex consiglieri comunali Alessandro Cochi e Giorgio Ciardi, alcuni consiglieri regionali, Assunta Almirante, la moglie e il figlio di Teodoro Bontempo. Francesco Storace  nasce come politico e giornalista italiano. Il 9 novembre 2008 è stato eletto per acclamazione segretario nazionale de ‘La Destra’. Alle elezioni regionali del 2013 è stato eletto Vice Presidente del Consiglio regionale del Lazio. Già da giovane inizia ad intraprendere l’attività politica, impegnandosi nel sociale e avvicinandosi presto al mondo del giornalismo. Svolge la parte più significativa del suo lavoro di giornalista presso il quotidiano ‘Secolo d’Italia’, in cui percorre tutti i gradini, fino ad arrivare all’incarico di capo dei servizi parlamentari. Successivamente assume l’incarico di capoufficio stampa del Movimento Sociale Italianoe, poi, di Alleanza Nazionale. Viene eletto deputato per la prima volta nel 1994 (nel collegio numero 21 della Circoscrizione Lazio) e viene riconfermato nel 1996. Dal 1996 al 2000 Storace è stato presidente della Commissione bicamerale vigilanza sulla RAI e sui servizi radiotelevisivi in generale, carica durante la quale venne soprannominato da alcuni giornalisti ‘Epurator’. Storace è stato Presidente della Regione Lazio dal 2000 al 2005, dopo aver sconfitto il Presidente uscente Piero Badaloni, ottenendo quasi un milione e mezzo di voti alle elezioni del 16 aprile 2000. Alla sua presidenza diede un’impronta basata su una stretta collaborazione con la Chiesa Romana, promulgando ad esempio una legge sugli   ‘Oratori cattolici’ al fine di esaltarne la loro funzione educativa e sociale. L’impegno a lavorare col mondo cattolico fu da lui ribadito nella stesura del nuovo Statuto della Regione Lazio, in cui riconosceva come fulcro della società la famiglia fondata sul matrimonio. Successivamente, nel terzo governo Berlusconi gli fu affidato il Ministero della Salute. In qualità di ministro Storace aumentò di 100 milioni i fondi per la ricerca sanitaria, guadagnandosi gli apprezzamenti dell’oncologo Umberto Veronesi.  Tra gli altri provvedimenti, Storace fece sospendere la sperimentazione della cosiddetta ‘pillola abortiva’ che era stata avviata all’ospedale Sant’Anna di Torino, chiedendo il rispetto rigoroso delle procedure e delle indicazioni del Consiglio superiore di Sanità. La sua ordinanza suscitò reazioni critiche da parte della sinistra, mentre incontrò giudizi favorevoli presso ambienti cattolici. Nel marzo 2006 scoppia lo scandalo ‘Laziogate’ e Storace è sospettato di avere utilizzato investigatori privati dell’agenzia milanese Ssi e degli operatori informatici della società regionale ‘Laziomatica’ per violare l’Anagrafe comunale di Roma per scoprire dati riservati sui suoi avversari politici per le Elezioni regionali del 2005. In particolare, secondo le accuse Storace avrebbe inteso controllare i dati dei sottoscrittori delle liste di ‘Alternativa Sociale’, partito di Alessandra Mussolini, accusati di aver falsificato alcune firme e preparare dossier fasulli su Piero Marrazzo. In seguito a tali vicende ed alla conseguente indagine della magistratura sulla presunta attività di spionaggio politico ai danni di Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo, Francesco Storace il 10 marzo rassegna le sue dimissioni da ministro. Da tali accuse verrà tuttavia prosciolto nel giugno 2007. È stato invece rinviato a giudizio dalla procura con l’accusa di accesso abusivo ad un sistema informatico, ed il 5 maggio 2010 è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione. Il 13 ottobre 2007 Storace si segnala per alcune critiche al Capo dello Stato Giorgio Napolitano in relazione al controverso caso Montalcini che aveva avuto per oggetto l’invio di stampelle alla senatrice a vita da parte del neonato partito ‘La Destra’. Il 15 ottobre 2007 Storace finisce sotto inchiesta dalla Procura di Roma con l’accusa di offesa all’onore o al prestigio, leggi vilipendio, del presidente della Repubblica per articolo 278 del codice penale. La vicenda era legata, come dicevamo, alla diatriba tra Storace e Rita Levi-Montalcini. Malgrado la decisione di insindacabilità del Senato, il PM solleverà il conflitto di attribuzione, chiedendo l’intervento della Corte Costituzionale. Il Tribunale di Roma, su richiesta dell’avv. Romolo Reboa, difensore di Storace, lo proscioglierà, dichiarando non doversi procedere per illegittimità dell’atto con cui l’ex Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, aveva autorizzato a procedere per il reato di vilipendio al Capo dello Stato.

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