Caso Ustica, dopo oltre 30 anni la Cassazione è stata chiara: non fu un’esplosione interna al velivolo a provocare la morte di 81 persone nei cieli di Ustica, ma avvenne a causa di un missile e lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza. Con la sentenza 1871, depositata oggi dalla Terza sezione civile della Suprema Corte sono stati, infatti, respinti i ricorsi con i quali il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti volevano mettere in discussione il diritto al risarcimento dei familiari di tre vittime della strage, i primi a rivolgersi al giudice civile, seguiti in un secondo momento da quasi tutti gli altri parenti dei passeggeri del tragico volo, partito da Bologna e diretto a Palermo la sera del 27 giugno del 1980, e abbattuto nei cieli su Ustica. Senza successo i ministeri, difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, hanno per prima cosa tentato di dire che il disastro aereo si era ormai prescritto e poi che non si poteva loro imputare “l’omissione di condotte doverose in difetto di prova circa l’effettivo svolgimento dell’evento”. La Cassazione ha replicato che “é pacifico l’obbligo delle amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli”, e che “é abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile” accolta dalla Corte di Appello di Palermo nel primo verdetto sui risarcimenti ai familiari delle vittime depositato il 14 giugno 2010. Quanto alla prescrizione, il motivo è stato giudicato “infondato”. Ad avviso della Suprema Corte, l’evento stesso dell’avvenuta vicenda della strage di Ustica “dimostra la violazione della norma cautelare”.
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