La politica italiana da ieri ha riaperto i battenti sul serio. La giornata di ieri, per certi aspetti, è stata convulsa con il presidente del Senato, Pietro Grasso, che nel pomeriggio di ha abbandonato un convegno storico per affrontare ‘una seria emergenza’. In sintesi, c’è stato l’ennesimo strappo nel Pd sulla riforma del Senato perché la minoranza, nel corso di un vertice del Pd, ha abbandonato il tavolo di trattativa. La riforma dovrebbe arrivare oggi direttamente nell’aula di Palazzo Madama, visto che è stata convocata una conferenza dei capigruppo visto che è emerso che probabilmente non ci saranno emendamenti sull’articolo 2, quello strategico sull’eleggibilità dei senatori. E questo elemento, sottolineato da Anna Finocchiaro, presidente Pd della commissione Affari Costituzionali, spiazza in qualche modo il presidente del Senato, Pietro Grasso, che nei giorni scorsi aveva ribadito che spettava a lui decidere. E’ evidente che Palazzo Chigi punta sulle divisioni interne alla minoranza Pd che può contare su circa 25 senatori, non tutti però decisi a non votare la riforma, e sull’aiuto esterno di una parte dei senatori ex grillini ed ex berlusconiani e, principalmente, sulla volontà della grande maggioranza dei senatori di evitare elezioni anticipate, visto che moltissimi non tornerebbero sui banchi di palazzo Madama. La Finocchiaro ha spiegato, con tanto di riferimenti al regolamento, le ragioni dell’inemendabilità dell’articolo 2 della riforma, togliendo suspance sulle decisioni che prenderà lo stesso Grasso. Il presidente del Senato dovrà confermare o meno in aula l’orientamento della Finocchiaro, ma appare improbabile che possa muoversi in contrasto con le decisioni motivate della presidente della Commissione Affari Costituzionali. Matteo Renzi ha ribadito che il disegno di legge dovrà essere licenziato entro il 15 ottobre perché dopo si dovrà cominciare a lavorare sulla legge di Stabilità. Parole, quelle del premier, che si sono subito tradotte in una accelerazione chiesta dal gruppo Pd a Palazzo Madama per portare il testo in aula il prima possibile, forse già da martedì, ma sarà la capigruppo di oggi a stabilire la data. Sarà di fatto sempre più in salita la ricerca di un’intesa nel Pd sulle riforme. Doris Lo Moro, capogruppo dem in commissione Affari costituzionali e membro della minoranza, ha lasciato i lavori del tavolo Pd sulle riforme. Una decisione condivisa con i ‘dissidenti’ dem: ‘Siamo a un binario morto. Non si sarebbero fatti passi avanti non solo sull’art.2, che per la maggioranza e il governo non va toccato, ma neanche sull’art.1 ovvero su funzioni e garanzie del nuovo Senato. Valuteremo ma non credo che la voteremo’. In commissione Affari costituzionali al Senato la presidente Anna Finocchiaro annuncia che, nell’esame degli emendamenti alle riforme costituzionali, saranno considerati inammissibili le proposte di modifica dell’articolo 2 su cui si discute da mesi, che riguarda l’eleggibilità diretta dei futuri senatori, fatto salvo che non ci sia un accordo politico da parte di tutti i gruppi. Accordo che ad oggi proprio non c’è, anche perché gli emendamenti al provvedimento sono in tutto oltre 500mila e più della metà riguardano l’articolo 2. Il governo tuttavia, è intenzionato ad andare avanti. Il Pd, infatti, potrebbe chiedere la calendarizzazione in aula del ddl riforme già alla capigruppo, convocata per oggi alle 15, senza attendere la conclusione dell’esame in commissione. Un’accelerazione voluta da palazzo Chigi ed una mossa per stanare Pietro Grasso, spiegano fonti Pd. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente del Senato aveva detto a proposito degli emendamenti all’articolo 2: ‘Io dirigo l’aula, quando sarà il momento deciderò io’. Da qui l’irritazione di Grasso e la precisazione da parte di fonti della presidenza del Senato: ‘Finché resta questo Senato e il Regolamento è ancora quello in vigore, a convocare la conferenza dei capigruppo deve essere il presidente del Senato, e non altri’. Far trapelare la notizia della futura convocazione è stata interpretata dal presidente del Senato come un modo per fargli pressione anche a proposito dell’inammissibilità in aula degli emendamenti all’articolo 2. Su questo punto c’è da settimane un equivoco che però ha fatto aumentare la tensione tra Grasso e Palazzo Chigi. Il Governo ha infatti fatto sapere, tramite Renzi e Boschi, che a suo giudizio l’articolo 2 in aula non è emendabile, mentre Grasso ha sempre invitato a trovare un accordo politico e a non cercare di risolvere per via di Regolamento una questione politica. Presa di posizione, questa, che Palazzo Chigi ha considerato come una apertura all’ipotesi di emendabilità dell’articolo 2. In serata sia il ministro Boschi, che il capogruppo Zanda, hanno avuto un chiarimento con Grasso che convocato per oggi la capigruppo. In commissione la presidente Finocchiaro ha spiegato che i circa 2.800 emendamenti all’articolo 2 del ddl Boschi saranno considerati inammissibili perché il disegno di legge è stato votato ‘in doppia lettura conforme’ sia al Senato sia alla Camera. L’articolo 104 del regolamento di Palazzo Madama, infatti, permette di presentare emendamenti solo nelle parti del testo toccate da modifiche della Camera. Pertanto, le modifiche ai testi approvati con doppia seduta conforme sono modificabili solo se c’è l’accordo di tutti i gruppi parlamentari.
Roberto Cristiano