Per il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, il caso della chiusura della scuola di Pioltello per il Ramadan è, prima di tutto, una questione di regole. Ed è all’interno di questo perimetro che vanno affrontate poi le riflessioni più ampie che si aprono intorno al caso, da quella sull’integrazione a quella sull’inclusività. Valditara ha ricordato che anche nell’ambito dell’autonomia scolastica “ci sono regole sulle festività e sui giorni del calendario scolastico e vanno rispettate”. “Qualsiasi società democratica vive nel rispetto delle regole, altrimenti – ha avvertito – regnerebbe il caos”.
Evitare le classi con un’eccessiva presenza di studenti stranieri per favorire una vera integrazione e mettere tutti gli alunni che frequentano la scuola italiana in condizione di non sentirsi ghettizzati. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è tornato a illustrare la “direzione” nella quale “intendiamo muoverci” con un post su X, che arriva sull’onda lunga del dibattito scaturito intorno alla scuola di Pioltello, ma che ribadisce un’idea già più volte espressa in passato dal titolare dell’Istruzione: “Classi a maggioranza di studenti italiani per favorire l’integrazione. Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate’. Valditara lo scrive sui social, sottolineando che “è in questa direzione che noi intendiamo muoverci”.
Il post arriva all’indomani delle dichiarazioni del ministro Matteo Salvini a Porta a Porta sul fatto che “io penso che ci debba essere un tetto per gli stranieri nelle classi italiane, direi un 20%. Altrimenti è un caos di lingue in quella classe, penso anche all’insegnante, invece così può essere stimolante”.
Sul caso della scuola di Pioltello il vicepremier Matteo Salvini vede “un arretramento” la chiusura della scuola per la fine del Ramandan e nello stesso tempo, ospite a Porta a Porta su Rai1, propone la quota massima di “un 20% di bambini stranieri in una classe”. Parole che arrivano dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva espresso apprezzamento per il lavoro “che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo”. In effetti, il pensiero di Salvini diverge da quello di Mattarella. “Non credo che in nessun Paese islamico chiudano per la Santa Pasqua o per il Santo Natale. Finché l’Islam non si darà una struttura e non riconoscerà la parità tra uomo e donna chiudere la scuola mi sembra un pessimo segnale. È un segnale di cedimento e arretramento chiudere per il Ramadan”.
Salvini poi rilancia una proposta: quella del tetto agli alunni stranieri in aula, già avanzata anni fa, dopo il caso di una scuola romana, la Pisacane, dove intere classi erano composte prevalentemente da bimbi immigrati o figli di immigrati. “Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos. Bisogna controllare la presenza di bambini. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare?”, si interroga il ministro. A Pioltello, i genitori degli alunni dell’istituto Comprensivo Iqbal Masih, finito al centro delle polemiche dopo la decisione di chiudere il 10 aprile nel giorno di fine Ramadan, sono divisi tra chi vede la decisione come un segno di integrazione e chi non condivide la scelta.
L’affermazione ha provocato una sorta di riflesso pavloviano a sinistra, dove dal Pd alla Cgil è stata stigmatizzata con toni apocalittici. Per il senatore Filippo Sensi “mancano solo l’apartheid e la pena di morte e le hanno dette tutte. Il tetto ci vorrebbe, ma alla vergogna. E questo dovrebbe essere un governo, questa una forza di governo, questo il leader di una forza di governo. Penoso”. La segretaria generale di Cgil scuola, Gianna Fracassi, in una nota ha poi parlato di “un’idea fuori dal tempo, un provvedimento che penalizzerebbe la provenienza da contesti migratori non tenendo minimamente in considerazione la composizione dell’attuale società e la funzione unificante della scuola”.
In realtà, un tetto già esiste ed è fissato al 30%, ma non sempre viene rispettato: secondo i dati del ministero il 7,2% delle scuole italiane lo sfora. Secondo quanto emerso in questi giorni, nella scuola di Pioltello la percentuale di studenti di religione musulmana raggiunge il 40%. Non solo, in quell’istituto si registra una media nel livello di competenza nella lingua italiana assai inferiore a quella del resto della regione: al termine della scuola i livelli L1 e L2 sono il 50,5%, a fronte del 33,3% della media regionale. Non va meglio nelle altre materie: le competenze deboli in matematica sono il 45% a fronte del 35,4% della media regionale.
Vale poi la pena ricordare che il primo a porsi il problema di evitare classi ghetto fu l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Un promemoria fornito dal vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli: “Bene Valditara, le sue affermazioni sono state anticipate da un Dpr del 2004 del Presidente Carlo Azeglio Ciampi che esplicitamente indicava la via dell’equa distribuzione di alunni stranieri per evitare il rischio della ghettizzazione. Sia le classi delle scuole dell’obbligo, sia i quartieri delle città devono essere multietnici e multiculturali per favorire processi di integrazione e inclusione, evitando insediamenti di bambini e famiglie della stessa nazionalità e investendo su proficui scambi culturali, sociali, linguistici”.
Rampelli, poi, ha avvertito sul fatto che “va esorcizzato il rischio banlieu e movenpick, perché il brodo di coltura dell’intolleranza nasce nei ghetti urbani dove si riproducono come in un ‘copia e incolla’ acritico pregiudizi sociali e religiosi destinati poi a esplodere in forme inaccettabili di razzismo strisciante. Chi si è trasferito in Italia si immagina che abbia il desiderio di metabolizzare il modo di vivere italiano che tuttavia a noi compete riprodurre e non snaturare per un malinteso senso di ospitalità, il che significa – ha concluso il vicepresidente della Camera – imparare la lingua, la storia, la costituzione, le leggi, le consuetudini. E rispettarle”.