Andrew Mlangeni, l’ultimo attivista anti-apartheid condannato con Nelson Mandela durante il processo Rivonia in Sudafrica, è morto a 95 anni dopo essere stato ricoverato in un ospedale militare a Pretoria per dolori addominali. La sua morte “significa la fine della storia di una generazione e mette il nostro futuro esattamente nelle nostre mani”, ha detto il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, citato da Bbc Africa.
Il processo Rivonia ha portato la figura e la lotta anti-apartheid di Mandela alla ribalta internazionale. Secondo la biografia di Mlangeni del 2017 denominata ‘The Backroom Boy’, Mandela lo scelse perché si unisse ad altri cinque uomini nel primo gruppo di attivisti anti-apartheid sudafricani da inviare in Cina per l’addestramento.
La loro formazione comprendeva lezioni per la fabbricazione di bombe, trappole esplosive e tecniche di comunicazione segrete. Mlangeni ritornò in Sudafrica nel 1963 e divenne membro di Umkhonto we Sizwe, l’alto comando del movimento armato del partito African national congress (Anc).
Travestitosi da sacerdote, viaggiò in Sudafrica reclutando giovani perché fossero addestrati all’estero come combattenti, finché fu arrestato e condannato per tradimento nel processo Rivonia. Mlangeni ha scontato 26 anni di carcere, prigioniero per la maggior parte del tempo sull’isola di Robben, accanto a Mandela. Dopo la sua liberazione nel 1989, è stato membro del Parlamento e ha vissuto a Soweto fino alla sua morte.
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