Suicidio assistito, prima richiesta in Italia: Asl la rifiuta

Una Asl all’interno del territorio italiano si è recentemente rifiutata di applicare il principio stabilito dalla sentenza 242\2019 della Corte Costituzionale, che ha valore di legge, sul diritto ad accedere al suicidio assistito, per pazienti che si trovano in determinate condizioni (mantenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetti patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli). Lo ha reso noto Filomena Gallo, avvocato e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, durante la fasi conclusive del XVII Congresso annuale dell’associazione in corso in queste ore. L’Associazione Luca Coscioni sta, infatti, seguendo due casi di persone con malattie irreversibili che hanno chiesto, alla luce della sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, di poter porre fine alle proprie sofferenze con suicidio assistito. Nel primo caso, dopo ben 38 giorni (un tempo comunque troppo lungo per un malato grave), il paziente sarà sottoposto nei prossimi giorni alla prima visita di verifica della sua condizione e della consapevolezza delle scelte che sta effettuando anche alla luce delle possibilità di sottoporsi a cure palliative. Il secondo caso riguarda, invece, un uomo di 42 anni, immobilizzato da 10, a causa di un incidente. Ha provato tutto il possibile per recuperare parte della sua salute, ma nulla è servito e ora dipende totalmente dall’assistenza che riceve. Alla sua richiesta, inoltrata alla ASL competente a fine agosto, di poter porre fine alle sue sofferenze, ha ricevuto qualche giorno fa, dopo oltre un mese, un divieto a procedere.

La richiamata sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale interviene espressamente su questioni di legittimità costituzionale dell’art 580 del codice penale sollevate dalla Corte di Assise di Milano in relazione a diversa fattispecie, rispetto al Suo caso. Nella medesima sentenza, inoltre, si sollecita ulteriormente il Parlamento abbia provveduto nel senso indicato dalla Corte Costituzionale, normando con il necessario rigore le condizioni che devono sussistere e le relative modalità di esecuzione da applicare in una simile delicatissima e complessa fattispecie. Pertanto questa Direzione ritiene che, allo stato attuale della normativa vigente, non sia possibile esprimere un parere favorevole alla sua richiesta. La SV potrà comunque legittimamente avvalersi, ai sensi della citata L. n. 219/2017 delle cd “disposizioni anticipate di trattamento”, che prevedono la rinuncia ai trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza del paziente e la garanzia dell’erogazione di una appropriata terapia del dolore e di cure palliative”. “Una risposta che disconosce gravemente annunciato dalla sentenza 242\2019 della Corte Costituzionale, che, con valore di legge, stabilisce dei passaggi specifici per tutti quei pazienti affetti da patologie irreversibili che in determinate condizioni, possono far richiesta di porre fine alle proprie sofferenza, attraverso un iter tramite SSN”, ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e Segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, “Il Servizio Sanitario Nazionale dunque tramite questa ASL ha negato ufficialmente quanto previsto dalla Consulta. Per questo stiamo preparando un’azione giudiziaria contro questo diniego di gravità assoluta e continuiamo a ribadire l’urgenza di una legge che regolamenti le scelte di fine vita a garanzia di diritti fondamentali”. “Ci sono ASL che calpestano una sentenza della Corte Costituzionale e impongono ai malati di soffrire impedendo loro l’aiuto a morire. Su questa gravissima violazione dei rapporti tra istituzioni, chiediamo risposte al Ministro Speranza, al segretario Zingaretti, al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente Giuseppe Conte”, ha dichiarato Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e promotore della campagna Eutanasia Legale, “Insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli ribadiamo pubblicamente l’impegno a portare avanti nuove disobbedienze civili. Se queste persone che si sono rivolte a noi – e tutte le altre che vorranno chiedere il nostro aiuto – non troveranno risposte alle quali hanno diritto, nei tempi giusti e rispettosi della loro malattia e del loro dolore, noi li aiuteremo ad andare in Svizzera, per porre fine alle loro sofferenze”.

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