Maurizio Belpietro ci informa nella testata giornalistica ‘Verità’ che i vaccini erano disponibili e acquistabili ma i governi non li hanno acquistati. Il governo Conte-bis con Roberto Speranza non ha ritenuto necessario farlo, probabilmente per una questione di costi. C’è poi stato un autentico scaricabarile tra Commissioni Ue e governi. Sandra Gallina, funzionaria di Bruxelles, che ha stipulato i contratti con Big Pharma, punta l’indice contro i governi, addebitando ai governi, causa tircheria, la penuria di vaccini. Dosi invendute che potevano essere tranquillamente acquistate dagli Stati una volta capito che quelle di cui erano in possesso non bastavano a coprire il fabbisogno della popolazione. Esattamente quel che avrebbe fatto la Germania che avrebbe ‘recuperato’ i 30 milioni di fiale Pfizer non ritirate, accaparrandosi quelle degli altri. I governi nazionali indicano alla Commissioni i quantitativi da acquistare in base alla popolazione. Non acquistano tutte le dosi ordinati per ragioni di bilancio. Dopodiché restano inerti anche quando si accorgono che quelli di cui dispongono sono drammaticamente insufficienti a coprire il fabbisogno. Con la sola eccezione della Germania, stando almeno al racconto di Gallina davanti alla commissione per il Controllo dei Bilanci. Di certo, c’è che i vaccini in Italia e in Europa mancano. E che nessuno per questo ha ancora pagato.
Gli Stati membri non riescono a trovare un accordo sulla distribuzione dei nuovi 10 milioni di dosi concordati dalla Commissione Europea con Pfizer-Biontech. A Bruxelles si tenta di trovare una soluzione nel comitato direttivo che deve decidere la ripartizione. Ma, a quanto si apprende, nemmeno la riunione di ieri ha risolto l’enigma. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, giorni fa, insieme ai leader di Lettonia, Bulgaria, Slovenia, Repubblica Ceca e Croazia, ha inviato una lettera a Palazzo Berlaymont per contestare la distribuzione dei vaccini in Europa.
Ai rilievi del cancelliere, la Commissione Europea ha risposto che sono stati i paesi membri a scegliere un meccanismo ‘flessibile’ per la ripartizione dei vaccini. Meccanismo che ha consentito a paesi come l’Austria o la Bulgaria di puntare sulle fiale più economiche di Astrazeneca, che però ha drasticamente tagliato le forniture all’Ue. Germania, Francia e altri Stati hanno invece accettato di spendere di più per Pfizer-Biontech, Moderna.
Kurz si è reso protagonista, insieme alla Danimarca, di un’altra mossa ‘ostile’ verso Bruxelles, recandosi in Israele per trattare con Benjamin Netanyahu sulla fornitura di vaccini. Un’iniziativa che non pare aver risolto i problemi dell’Austria e che adesso appare ancor di più come un tentativo di reazione alle critiche in patria.
Fatto sta che Kurz blocca l’accordo sulla distribuzione delle nuove dosi di Pfizer. A Bruxelles speravano di raggiungere un’intesa prima del Consiglio Europeo, per evitare che anche questo argomento appesantisse la discussione tra i leader. Non andrà così. Angela Merkel, Mario Draghi, Emmanuel Macron e tutti gli altri dovranno occuparsi anche di questo. Mentre è ancora battaglia con Astrazeneca sulle dosi mancanti.
Sono mesi che il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel minaccia il ricorso all’articolo 122 del Trattato dell’Unione per tutelare gli Stati contro l’azienda anglo-svedese. Ma finora la minaccia è rimasta lettera morta: al momento prevale l’esigenza di ottenere anche le poche dosi promesse da Astrazeneca, piuttosto che ingaggiare un conflitto con l’azienda.
Nel discorso al Parlamento tedesco, Merkel ha detto: ‘I siti di produzione britannica producono per la Gran Bretagna, gli Stati Uniti non esportano, dunque noi dobbiamo fare affidamento su ciò che possiamo produrre in Europa’. Cosa per la quale, si sa, serve tempo: almeno un anno. Ma, dice Merkel, ‘dobbiamo prevedere che il virus, con le sue varianti, ci terrà occupati per lungo tempo, la questione scavalca l’anno in corso’.
Tutto conforta la tesi per cui questo summit potrebbe non essere decisivo per l’Ue, pur denso di discussioni importantissime e nevralgiche per capire lo stato dell’Unione. Anche la trattativa con Boris Johnson per una divisione delle dosi di Astrazeneca tra Regno Unito e Unione è appena iniziata, ne è stata data notizia ieri con un comunicato alquanto vago. Il clima è pesante. Ne dà conto anche il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, nel suo tradizionale discorso in apertura del summit, invitando però a non aggravare ulteriormente la situazione attaccando l’Europa, pur con tutti gli errori commessi nella gestione della campagna vaccinale.
Sarebbe irresponsabile usare le paure e la fatica dei cittadini per mascherare le nostre debolezze o le nostre inefficienze nazionali – dice Sassoli – Sarebbe irresponsabile nascondersi dietro gli altri per coprire le proprie mancanze. Conosciamo tutti la tecnica di decidere insieme a Bruxelles e poi dire alla gente a casa che la decisione ci è stata imposta e che da soli avremo fatto meglio. Dopo le nostre azioni dell’ultimo anno, avevo sperato che fossimo andati oltre. Sembra che non sia così. Alcuni comportamenti invece incoraggiano a pensare che il sistema europeo sia in crisi. E sappiamo tutti che è un errore. Certamente il nostro sistema e le nostre istituzioni, possono e devono essere migliorate. Ma per meritare fiducia, serve unità e trasparenza. Attaccare noi stessi non ha senso. Né ha senso pensare che altri stiano facendo molto meglio, o riscrivere la storia sulla base del senno di poi.