In democrazia governare non è solo questione di numeri, ma occorre saper guardare a lungo e tracciare le vie per il futuro. In Italia dopo molti anni di governi fatti di maggioranze tenute insieme dal collante quirinalizio e di premier non votati dal popolo, le urne del 25 settembre 2022 hanno espresso un partito fortemente maggioritario e una maggioranza sufficientemente coesa, ma soprattutto una leadership indiscussa. Non solo. Per la prima volta nel Parlamento il partito di maggioranza relativa ha un retaggio storico estraneo a quello ideologico su cui è stata fondata la nostra Repubblica. Questo non vuol dire che gli italiani siano nostalgici di un passato tetro e da cancellare, ma il successo della destra non è stato il successo di Fratelli d’Italia ma di Giorgia Meloni in cui gli italiani, stanchi di un Paese vecchio non solo anagraficamente parlando ma di idee e in costante declino, hanno deciso di riporre la propria fiducia, vedendo in lei una giovane donna priva di qualsiasi esperienza di governo ma dal carattere fortemente deciso, che prometteva di sapere cosa fare. Ora la Premier deve dimostrare quanto promesso in campagna elettorale, perché sta venendo fuori che il suo problema non sono i numeri ampi su cui si regge la sua maggioranza, ma è politico. Quindi le urne non sono tutto, il potere e il consenso non bastano se non si ha lo sguardo lungo. E il risultato di mancate lungimiranze lo stiamo vedendo in questi giorni, dopo “l’obbligata” decisione del governo di intervenire sul super bonus. Una decisione per certi versi “giusta”, ma solo per mettere un po’ di ordine nei suoi meccanismi , ma non certo per dare uno stop sic et simpliciter. Questa decisione sarà foriera di conseguenze negative e drammatiche su famiglie ed imprese. La riprova di quanto scriviamo sono le dichiarazioni preoccupate di molti esponenti della maggioranza rispetto alla decisione del governo. Come ribadito era necessario mettere ordine, ma lo si pensa di fare con due articoletti, freddi, laconici e per di più letti da un Ministro dell’Economia che sembrava più uno speaker televisivo degli anni 60 che un politico navigato? Non è possibile annunciare durante la conferenza stampa post Cdm , un provvedimento così delicato e di ampia portata e dire alle famiglie italiane e alle imprese che fino ad oggi si è abusato e chi è dentro è bene, gli altri si arrangino. Incapacità di comunicazione e inadeguatezza di Giorgetti che forse sarà un bravo contabile ma inadeguato a ricoprire il ruolo di Ministro dell’Economia in un momento così delicato per la storia del nostro Paese e per l’Europa. Ci rendiamo conto che il governo in carica si è trovato a fermare un treno in corsa che rischiava di deragliare e far deragliare i conti dello Stato, ma lo stop a misure pericolose va adeguato e commisurato con altrettanti provvedimenti che evitino il crac delle aziende e la perdita di lavoro di migliaia di lavoratori. Ma al di là dei tecnicismi da mettere in campo per trovare la necessaria via d’uscita, i politici nascondono quella che è la verità sostanziale: ancora una volta i mentori anche di questo governo sono i banchieri che con la scusa di aver fatto il pieno di crediti ed aver esaurito la capienza fiscale, si sarebbero trovati a loro dire, difronte a norme molto stringenti di rilievo penale e quindi avrebbero usato maggiore prudenza nell’accogliere crediti che rischiavano di essere sequestrati. Ma la verità è tutt’altra., Le banche costringeranno il governo a varare norme che garantiscono loro una sorta di scudo penale e con buona pace di tutti si cercherà la necessaria via d’uscita. E come disse Tancredi nel Gattopardo:” Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
Andrea Viscardi