Svolta moderata Di Maio per arginare Lega e far contare M5s in Ue

Il 32,6% delle elezioni politiche di un solo anno fa è un lontano ricordo. Il Movimento 5 stelle arriva all’appuntamento del voto per il rinnovo del Parlamento europeo già abituato a cifre ridimensionate rispetto al boom del 4 marzo 2018: in mezzo ci sono state le regionali in Abruzzo e in Basilicata (20%) e in Sardegna (il 9%) ma soprattutto c’è stato un anno al governo con la Lega. La Lega di Matteo Salvini, che in questo anno è cresciuta superando il Movimento alle amministrative e nei sondaggi, è chiaramente il nemico numero uno di Luigi Di Maio in una competizione elettorale che serve sì a rinnovare il Parlamento europeo ma che in Italia ridisegnerà gli equilibri di un governo litigiosissimo e diviso su parecchi dossier (il Sole 24 ore ne ha contati 30: dalle grandi opere alla giustizia al fisco).

Per recuperare terreno rispetto al Carroccio da un anno in fortissima ascesa, Di Maio ha optato per una svolta moderata. Rinfoderata l’ascia con cui voler aprire come una scatola di tonno il Parlamento, così come la richiesta di impeachment nei confronti di Mattarella di meno di dodici mesi orsono (“Credo che col senno di poi non sia stata una scelta azzeccata, anzi”, ammette il vicepremier), il leader pentastellato in tutti i comizi e le piazze presenta M5s come “l’unico argine agli estremismi: chi vota M5s – argomenta – vota paradossalmente una forza politica di buonsenso, moderata che rappresenta la ragionevolezza perché quello che abbiamo intorno bisogna farlo ragionare: da una parte il Pd, gli alleati di Moscovici in Europa, dall’altra la Lega”.

Dice proprio così Di Maio: un argine alla Lega con cui governa da un anno. Non esita a dire che il Carroccio “mette in difficoltà chi governa se vedo Salvini che imbraccia il mitra il giorno di Pasqua o un altro ministro che va a Verona a dire che bisogna abolire la legge sull’aborto. Noi siamo l’argine a questa roba qua, non c’è nel contratto”. Addirittura, invita ad abbassare i toni di fronte a una “tensione sociale palpabile”. Il destinatario dell’appello è sempre la Lega: “Sequestri di telefonini, persone segnalate, striscioni ritirati. Nelle piazze è tornata una divisione tra estremismi che non fa bene a nessuno”, dice riferendosi alla tensione che si è sviluppa intorno alle contestazioni nei confronti di Salvini. I sondaggi riservati dell’ultima settimana sembrano ridare fiato a un movimento in affanno: con una flessione della Lega rispetto agli ultimi pubblici che hanno fatto tremare i 5 stelle e un recupero di M5s che invece nelle ultime rilevazioni prima del black out era alla pari col Pd o addirittura sotto. Merito della svolta moderata ma anche dei problemi giudiziari della Lega prima col caso Siri poi con l’arresto del sindaco di Legnano Gianbattista Fratus, anche lui leghista. È l’occasione per Di Maio di gridare alla “nuova Tangentopoli” e puntare – ancora – il dito contro Pd, Forza Italia e Lega che non cacciano gli indagati come invece fanno i pentastellati: un unico caso in dieci anni, è il refrain del vicepremier, quello di Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina arrestato per corruzione, subito espulso.

“Credo che alle elezioni europee M5s meraviglierà e sarà determinante nel Parlamento europeo ma nessuna elezione europea ha mai modificato la composizione del governo italiano”, assicura Di Maio che ha messo insieme 9 movimenti in Europa e si augura di dare vita a un gruppo parlamentare che conti in Europa dove, è convinto, “Ppe e Pse non otterranno il 51% e quindi verranno da noi”. M5s punta a ottenere per l’Italia il commissario all’Industria ma Salvini ha già detto che bisogna puntare al’agricoltura. Sarà, tra tutti gli altri (dal decreto sicurezza bis agli aiuti alle famiglie rimandati a dopo il voto) un nuovo fronte di battaglia tra i due.

C’è poi il fronte interno al Movimento. Dopo la debacle delle regionali Di Maio, sotto accusa, aveva promesso una riorganizzazione sul modello-partito che però ancora non decolla. Sull’annunciata deroga al tetto dei due mandati per i consiglieri che si vogliono candidare alle politiche sembra esserci l’ok degli attivisti ma la possibilità che riguardi anche i parlamentari è stata ieri stoppata da Davide Casaleggio. In una intervista a Le Monde ha spiegato che la regola dei due mandati non è modificabile. Un divieto che comunque limita Di Maio nella quotidiana tenzone con Salvini: se il leader della Lega decidesse di far cadere il governo e di andare al voto i vertici pentastellati sarebbero azzerati. Di Maio mostra di non temere per la sua leadership: “Anche sei anni fa mi davano finito”. E stoppa le voci di una possibile discesa in campo di Giuseppe Conte al suo posto alla guida del movimento: “E’ una persona leale”.

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