“Dalle carte processuali emerge un fiume di denaro nero tra di loro naturalmente, tra questi operatori, ed è inconfutabile che mi abbiano tirato in ballo per coprire i loro traffici”. L’ex vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, Filippo Penati, coinvolto nell’inchiesta sulle presunte tangenti nell’ex area Falck, parla il giorno dopo la decisione dei pm di Monza, che hanno ritenuto di non chiedere il suo arresto e quello di Giordano Vimercati.
L’ex braccio destro di Bersani ha spiegato di non comprendere le ragioni delle accuse rivoltegli. “L’ho detto anche ai pm, non so che idea si siano fatti, sicuramente non avevano alcuna ragione di avercela con me, perché io da amministratore mi sono comportato sempre in maniera corretta con tutti e quindi non c’è nessun motivo di risentimento”.
E l’esponente di spicco dei Democratici non può non essere soddisfatto della scelta della procura di Monza. “Mi sono messo a disposizione della magistratura, ho chiesto di essere interrogato, ho risposto a tutte le domande che mi sono state poste. Evidentemente questo è valso a far cambiare loro opinione”. Dice di avere avuto sempre fiducia nella magistratura “e ora chiedo con serenità di essere giudicato dal Tribunale”. A convincere i pm a non chiedere l’arresto dell’ex presidente della Provincia di Milano non ci sarebbe un elemento specifico. Sulla decisione devono aver inciso, non tanto le sue parole, ma i documenti presentati in procura. “Ho fornito delle ricostruzioni documentate su cui sono stato impegnato 15 giorni perché dovevo ricostruire fatti di 12 anni fa”, conclude Penati.