Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’articolo ricevuto da Tartaglia Arte:
TRA LE NOVITÀ DEL NUOVO ALLESTIMENTO DEL MUSEO MADRILENO, LA SISTEMAZIONE DELLE SALE DEDICATE AL SETTECENTO ITALIANO E FRANCESE, OLTRE AL RECENTE RIALLESTIMENTO DELLE SALE DELL’OTTOCENTO, IL SECOLO MENO NOTO DELL’ARTE SPAGNOLA
Un anno fa il Prado celebrava il Reencuentro con il pubblico attraverso un nuovo allestimento della collezione permanente, in formato ridotto e dopo oltre tre mesi di chiusura forzata. Nell’anno secondo della pandemia il grande museo spagnolo prosegue sulla linea di riordino e valorizzazione della collezione permanente.
L’OTTOCENTO AL PRADO, IL GRANDE SCONOSCIUTO
Dal 2009 al piano terra dell’ala sud dell’edificio del Villanueva è esposta la collezione del XIX secolo del Museo del Prado. Per molti, soprattutto per i turisti stranieri, si tratta di un’autentica scoperta. Dopo dodici anni, la direzione del museo ha voluto rinnovare il percorso espositivo di ben 15 sale (n.61-75), con un nuovo appassionante allestimento che comprende 275 opere e che mira a inquadrare l’arte spagnola dell’Ottocento in una prospettiva più internazionale, europea. Fra le tante novità, ci sono opere mai esposte finora (provenienti dai depositi e restaurate per l’occasione) e nuove acquisizioni, con la presenza inaspettata di alcune pregevoli sculture di autori italiani oltre a ben trentasette quadri firmati da artiste donne.
DA GOYA AL REALISMO ROMANTICO
La modernità, in pittura, si sa comincia da Goya. E in particolare, da quegli straordinari quanto enigmatici dipinti che realizzò, perlopiù di notte, alle pareti della sua ultima casa a Madrid, tra il 1819 e il 1823, prima dell’esilio a Bordeaux. Le meravigliose Pinturas negras (sala 67) sono infatti il punto di partenza ideale del nuovo discorso espositivo lungo tutto il XIX secolo, secolo in gran parte debitore del talento, del profondo realismo e della versatilità del grande pittore spagnolo. Il Prado offre un nuovo dialogo, aperto e stimolante, fra autori e generi artistici, per una visione più ampia e completa della storia dell’arte, dal Neoclassicismo al Romanticismo. Si tratta di un viaggio estetico e culturale che include la scultura e persino la miniatura, esposta in una doppia vetrina piena di piccoli ritratti di magnifica fattura. Oltre agli spazi monografici riservati agli artisti più noti, come Eduardo Rosales (1836-1873), Mariano Fortuny (1838-1874) e Joaquín Sorolla (1863-1923), il nuovo allestimento gioca a stupire il visitatore con un’infilata di grandi tele d’argomento storico, concentrate soprattutto nella grande sala a volte n. 75. In più, al fianco dell’opera originale spesso compare anche il bozzetto o una copia coeva, nei quale è possibile cogliere, come in un gioco di specchi, idee e pentimenti dell’artista alle prese con un’opera di più ampie dimensioni. Fra i bozzetti, anche una curiosissima riproduzione in cera del monumento funebre di Cristoforo Colombo, pensato per Cuba ma poi realizzato per la cattedrale di Siviglia. Alle opere celebrative del passato spagnolo si aggiungono, oltre agli immancabili paesaggi accademici, romantici o realisti, i quadri di argomento sociale, acquisiti dal museo soprattutto nell’ultima decade dell’Ottocento ma finora mai esposti in sala.
GALLERIA DI RITRATTI E SCULTORI ITALIANI
Rare eccezioni a parte, gli artisti spagnoli dell’Ottocento non godettero di una grande fama internazionale. Per questo forse il Prado ha voluto rendere omaggio ai protagonisti dell’epoca creando in un’intima saletta (la n. 62 A) una galleria di 54 ritratti e autoritratti. Tra tanti dipinti, anche un busto in bronzo che ritrae Mariano Fortuny poco prima della morte, opera dello scultore napoletano Vincenzo Gemito (1852-1929), scolpito a Portici nel 1874 e donato al Prado dalla moglie Cecilia de Madrazo. La scultura italiana ha un certo protagonismo all’interno del nuovo percorso della collezione ottocentesca del Prado. Al centro della sala del Neoclassicismo internazionale campeggia l’elegante Ebe di Adamo Tadolini (1788-1868), artista bolognese, allievo del Canova ed erede di alcuni suoi gessi, realizzata nel 1825 in marmo bianco con coppe di metallo. Nella sala 61, dedicata all’arte romantica in Spagna, c’è il busto di Isabella II velata, scolpito in marmo bianco da Camillo Torreggiani (1820-1896) nel 1855, con un piedistallo decorato dallo stesso autore. Un’opera virtuosistica e raffinata che all’epoca riscosse grandi apprezzamenti dalla critica.
SETTECENTO ITALIANO E FRANCESE, IL GUSTO DI UNA NUOVA DINASTIA
Novità interessanti anche nel riallestimento delle sale 19-23, situate al primo piano del museo. Il percorso di visita ripensato con intelligenza da David García Cueto (nuovo responsabile delle collezioni italiane e francesi del museo) prende le mosse dal cambio di dinastia, avvenuto proprio alla soglia del 1700. Gusto ed estetica mutano con l’arrivo sul trono di Spagna dei Borboni (Filippo V è nipote del Re Sole) e le arti decorative risentono di un’innegabile aura di grandeur. I protagonisti della pittura di corte si chiamano Luca Giordano e Corrado Giaquinto, le vedute sono di Antonio Joli, le Vergini di Tiepolo e i ritratti della stirpe regnante affidati a un raffinatissimo Rafael Mengs. Tra tanti sovrani, principesse e infanti, spicca ora anche qualche splendido arredo d’epoca, includendo l’arte decorativa nel discorso espositivo del Prado. Come le consolle in bronzo dorato attribuite a Giovan Battista Ferroni, con piano intarsiato da pietre preziose: una raffigura un paesaggio ispirato a Tiepolo e l’altra nature morte e piccoli trompe l’oeil. Tra le curiosità, due bellissimi busti in cera attribuiti al napoletano Filippo Scandellari: i volti verosimiglianti e un po’ caricaturali di un uomo e di una donna, completi di capelli e abiti in stoffa, da poco restaurati dal museo.
A SORPRESA, SPUNTA UN PICASSO TRA GLI EL GRECO
Non può sfuggire, infine, la visione di un Busto di donna di Pablo Picasso, datato 1943, tra la galleria di ritratti di El Greco (nella sala 9B, al piano superiore). L’opera del Novecento è esposta al fianco del Buffone Calabacillas di Velázquez, un dipinto particolarmente amato da Picasso. Si tratta di un’opera donata dall’Aramont Art Collection all’associazione American Friends of The Museo del Prado, che a sua volta ha deciso di lasciarla in deposito a Madrid per cinque anni. Passato e presente, nell’arte, convivono e si integrano idealmente. La presenza di Picasso al Prado è più che mai giustificata: non solo perché il grande pittore di Malaga, da giovane, copiò dal vero i capolavori del museo, ma anche perché fu nominato nel 1936 direttore del Prado, senza tuttavia mai esercitare l’incarico.
By Federica Lonati – artribune.com www.museodelprado.es