“Tranquilli: nessuna tassa sugli animali domestici. Era solo una battuta nei confronti di un deputato che l’aveva proposta”. Il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, sceglie Twitter per mettere fine ad una ridda di critiche alla notizia del varo di una tassa comunale per i proprietari di cani e gatti per finanziare la prevenzione e il contrasto del randagismo. L’annuncio-sfottò dell’esponente del governo tecnico non è piaciuto proprio a nessuno ed è subito partito un ‘fuoco di fila’ bipartisan per fargli cambiare idea. E stando a quanto si legge su Twitter sembri che Polillo abbia veramente fatto marcia indietro. L’idea della tassa su cani e gatti non è una novità dell’ultima ora per far fare cassa ai comuni. Il piano nasce nel 2009 su iniziativa delle deputate del Pdl Jole Santelli e Fiorella Rubino e sembra essere in dirittura d’arrivo. Il sottosegretario alle Finanze Polillo si è detto concorde “in linea di principio”, ritenendo però opportuna una relazione tecnica specifica. Secondo il testo, “i comuni possono deliberare, con proprio regolamento, l’istituzione di una tariffa comunale al cui pagamento sono tenuti i proprietari di cani e gatti e destinata al finanziamento di iniziative di prevenzione e contrasto del randagismo e dell’abbandono quali incentivi per l’adozione di animali d’affezione e prestazioni medico-veterinarie di base” da parte di veterinari in convenzione coi comuni.Ma questa non sarebbe l’unica tassa strana che i cittadini italiani devono pagare. A Cagliari, in Sardegna, gli esercenti pubblici, qualche mese addietro, si sono visti recapitare cartelle esattoriali che richiedevano il pagamento della tassa sull’ombra: 80 euro l’anno per l’ombra proiettata dall’insegna del negozio sul marciapiede. Ma a questa se ne aggiungono altre altrettanto bizzarre. Tassa sui gradini: la devono pagare tutti coloro che sono proprietari di case con gradini che finiscono su una strada pubblica. Tassa sui ballatoi: va pagata dai condomini che abbiano ballatoi che si affacciano sulla strada pubblica. Tassa sul tricolore: bisogna pagare i diritti per esporre la bandiera italiana, si tratta, in sostanza, di una tassa sulla pubblicità. Tassa sulle suppliche: sono soggetti ad imposta le istanze, petizioni, ricorsi, e relative memorie diretti agli uffici dell’amministrazione dello Stato tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento. Tassa sulla disoccupazione nota anche come ‘tassa di concorso’: è quel piccolo balzello che bisogna pagare per partecipare ai concorsi pubblici. Poi c’è la tassa sui lumini e quelle sulle botole. Insomma manca solo quella sull’aria.
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