Il Codacons attacca la Bce e Christine Lagarde, che «a quanto risulta criticherebbero il merito e il metodo della tassa sugli extraprofitti delle banche: una misura sacrosanta alla luce dei lauti guadagni di questi ultimi mesi».
«L’Associazione – che se necessario denuncerà la Bce, nella persona della stessa Lagarde, per ingerenza indebita in affari dello Stato – parla, rispetto all’intervento della Bce, di ingerenza inaccettabile: queste interferenze rispetto a una misura sacrosanta sono infatti del tutto fuori luogo. Che le banche abbiano maturato extraprofitti grazie all’aumento dei tassi di interesse deciso proprio dalla Banca Centrale Europea di Christine Lagarde è infatti assolutamente certo: i profitti bancari sono aumentati del 63% nei primi sei mesi dell’anno rispetto al semestre dell’anno precedente, già di per sé favorevole. Anche per questo, l’Italia è soltanto uno degli ultimi Paesi in Europa ad aver introdotto una tassa sugli extraprofitti delle banche, per aiutare i titolari di mutui. Non si capisce quindi perché mai la Bce debba mettersi di traverso proprio in questa circostanza, contestando o impedendo l’adozione di una misura di basilare equità e giustizia sociale».
«Il parere della Bce non è vincolante», ribadisce in un’intervista al Corriere della Sera, Massimo Garavaglia, senatore della Lega e presidente della commissione Finanze, dove a settembre il decreto omnibus con la nuova tassa sulle banche inizierà il suo iter parlamentare. Garavaglia si dice «convinto che la tassa sugli extraprofitti sia assolutamente opportuna» e che «il Parlamento la modificherà solo il giusto, per renderla solo un po’ più sostenibile per il sistema, cosa che è già». Da Francoforte «arriverà il parere e lo leggeremo – spiega -, ma faremo anche dei raffronti con gli altri Paesi europei. Il nostro sistema bancario è molto solido, ha fatto passi avanti enormi e senza gli aiuti che alcuni governi hanno dato alle loro banche. E oggi stanno facendo molti utili». «Nel primo semestre le banche hanno fatto 21 miliardi di profitti – ricorda -. Altrettanti se ne profilano nel secondo semestre. Va bene, ma fino a un certo punto»
Banche in luce a Piazza Affari in scia alle indiscrezioni del Corriere della Sera che ipotizza che la tassa sugli extraprofitti delle banche possa essere recuperata attraverso un credito d’imposta “di valore pari o di poco inferiore” al prelievo che subiranno, da far valere in un arco temporale di cinque o dieci anni, e dopo che il ministro e presidente di Forza Italia, Antonio Tajani, ha indicato proprio nella “deducibilità” dell’imposta una delle modifiche da introdurre in Parlamento.
“Questo schema, garantirebbe un gettito di risorse più elevato per lo stato nel breve termine e la possibilità di un recupero – almeno parziale – dell`ammontare pagato dalle banche in un orizzonte temporale definito”, commentano gli analisti di Equita.
Oggi paghi, domani ti rimborso. È questo il meccanismo alla base della possibile mediazione sulla tassa sugli extraprofitti delle banche che il Governo starebbe studiando al doppio scopo di fare cassa in vista della difficile legge di Bilancio 2024 e di placare i malumori della maggioranza e dei banchieri, ma anche i timori della Banca d’Italia e della Bce. Lo riferisce il Corriere della Sera, secondo cui i tecnici del Governo e dei partiti sarebbero al lavoro da giorni sulla possibilità di trovare un compromesso che consenta di “salvare capra e cavoli”. E questo compromesso si configurerebbe sotto forma di un credito d’imposta di cui le banche potranno usufruire a partire dal prossimo anno.
L’annuncio a sorpresa dell’introduzione di una tassa gli extraprofitti delle banche ha destato malumori praticamente ovunque: nella maggioranza, con Forza Italia che più volte ha criticato la decisione rivendicata con forza dalla Premier Giorgia Meloni. Nel mondo del credito, con i banchieri chiusi un rumorosissimo silenzio che ha ben palesato il loro malcontento. Nella Banca d’Italia e nella Bce. La prima praticamente ignorata, la seconda consultata dal Mef solo a cose fatte. Per non parlare dei mercati, con le banche quotate che in una sola seduta hanno perso 10 miliardi di capitalizzazione, salvo poi recuperare parte del terreno perso dopo la specifica del ministero dell’Economia sul tetto massimo dello 0,1% sugli attivi. Gli unici a non protestare, paradossalmente, sono stati i principali partiti dell’opposizione che, anzi, si sono intestati la paternità della misura, criticando però “il metodo”.
Dopo giorni di polemiche, il Governo avrebbe dunque deciso di tornare a più miti consigli, varando dei correttivi che plachino le preoccupazioni di tutti, ma garantendosi comunque un gettito extra per il 2023. Tornare indietro non si può e il motivo è presto detto: sulla legge di bilancio 2024 la coperta è corta, molto corta, e l’Esecutivo non può permettersi di perdere neanche un euro delle risorse necessarie per varare le misure promesse, dal taglio al cuneo alla riforma fiscale. Già considerando la tassa sugli extraprofitti delle banche, secondo il numero uno dell’Osservatorio sui Conti Pubblici, Giampaolo Galli, mancherebbero all’appello circa 40 miliardi.
La principale soluzione allo studio sarebbe dunque la seguente: far pagare alle banche la tassa sugli extraprofitti per il 2023, garantendosi un gettito di 2-3 miliardi di euro, per poi restituire tutto, o quasi, nei prossimi anni tramite credito d’imposta che gli istituti di credito potranno utilizzare per compensare le normali imposte da pagare.
Secondo il Corriere, il credito d’imposta potrebbe avere una durata di cinque o dieci anni, mentre sarebbe ancora da valutare la misura dello stesso, se pari al 100% del prelievo sugli extraprofitti o ad una quota inferiore.