La pressione fiscale sulla proprietà della casa è aumentata in tre anni del 143%. Tra il 2001 e il 2014, con il passaggio da Ici a Imu e Tasi, la tassazione sul possesso degli immobili è passata, secondo l’Ance, da 9,8 a 23,9 miliardi di euro. Una cifra enorme dovuta non solo alla manovra Monti che ha portato alla sostituzione dell’Ici con l’Imu ma soprattutto all’arrivo della Tasi nel 2014. A fare i calcoli è stata l’Ance, che evidenzia anche come, proprio con l’introduzione dell’imposta municipale, a cui si è aggiunta poi anche la tassa sui servizi, il nostro Paese sia schizzato ai vertici della classifica Ocse dei Paesi con la maggiore tassazione immobiliare. E se Renzi agita la promessa di abolire la tassa sulla prima casa, l’Ance mette già in guardia sui rischi legati all’annunciata, ma non ancora arrivata, riforma del catasto, potenzialmente foriera di effetti devastanti con un incontrollato aumento dei valori catastali che non può che tradursi in un’impennata della tassazione sugli immobili. I costruttori chiedono il rispetto del principio dell’invarianza di gettito, previsto dalla delega fiscale. Una storia, quella della tassazione del mattone, che sembra piacere moltissimo alla sinistra e che in pochissimo tempo ha aggravato la crisi di un settore che ha sempre costituito un volano per la nostra economia. In Italia costruire case non solo è importante per dare un tetto agli italiani che ancora non ce l’hanno, ma anche perché di tratta di un’attività che non richiede materie prime di importazione ed è ad alto impiego di manodopera. Invece i governi di centrosinistra hanno fatto degli immobili la gallina dalle uova d’oro per tappare le falle nei bilanci della pubblica amministrazione. In un Paese dove l’80 per cento delle famiglie sono proprietarie della casa in cui abitano, che notoriamente non dà reddito, ci si è inventata prima l’Ici e poi l’Imu. Un salasso che ha finito per azzoppare un settore e bloccare le compravendite.
Cocis