Tassa sulle multinazionali trova appoggio di 130 Paesi. Opportunità e limiti della crociata di Biden

La tassa sulle multinazionali mette d’accordo 130 Paesi nel mondo, che aderiscono alla proposta fortemente caldeggiata dal Presidente USA Joe Biden, alle prese con una vasta riforma fiscale, interna ed internazionale. Il nuovo inquilino della casa Bianca, infatti sta infatti lottando sul fronte interno per alzare l’aliquota fiscale sulle società al 28% dal 21% e su quello internazionale per fissare norme condivise e un’aliquota minima sulle multinazionali, in modo da evitare i fenomeni dell’evasione ed elusine fiscale.

La possibilità di tassare le big come Amazon, Google e Facebook in ogni Paese in cui sono presenti, eviterà il fenomeno della competizione fiscale, che ha portato sinora ad un ribasso generalizzato delle aliquote, là dove possibile, e garantirà agli Stati più in difficoltà di recuperare importanti entrate per finanziare le spese previste dai piani di ripresa post-Covid.

L’aliquota minima

L’accordo raggiunto in un meeting virtuale dell’OCSE si fonda su due pilastri: tassare le multinazionali in ogni paese in cui operano e realizzano profitti; imporre un’aliquota minima del 15% sulle entrate generate.

L’applicazione di un’aliquota minima si tradurrà, secondo le stime dell’OCSE, in circa 150 miliardi di dollari di entrate fiscali globali aggiuntive all’anno che potrebbero anche arrivare a 240 miliardi.

Yellen: “Giornata storica”

“Oggi è una giornata storica”, ha affermato la segretaria al Tesoro USA, Janet Yellen, spiegando “per decenni, gli Stati Uniti hanno partecipato ad una concorrenza fiscale controproducente, abbassando le aliquote d’imposta sulle società solo per vedere altre nazioni rispondere abbassando le loro”.

“Nessuna nazione ha vinto questa gara”, ha commentato amaramente Yellen, la quale ha ricordato che questa “corsa al ribasso” non ha attratto nuove imprese ed ha “privato i paesi di risorse importanti per finanziare spese in infrastrutture, istruzione e per combattere la pandemia”.

I limiti della proposta

A dispetto dell’altissima adesione all’iniziativa promossa dagli USA, che ha visto partecipare anche Paesi come l’India e la Cina, permangono degli ostacoli alla totale accettazione della proposta.

Un gruppo consistente di paesi, che fa del Fisco light un elemento competitivo, continua a fare obiezioni sul livello dlela minimum tas, che risulta superiore alle aliquote praticate sinora. Un esempio è l’Irlanda, che ha una aliquita fiscale del 12,m5 e non trova convenienza dall’imporre il 15%, ma anche altri Paesi europei avanzano obiezioni, come l’Ungheria e l’Estonia. Co sono poi nel mondo altri Stati contrari come Nigeria, Kenya, Perù e Sri Lanka.

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