Tasse e preoccupazione per il piano del Governo…

Sappiamo che, nonostante il taglio del cuneo fiscale   che porterà a un alleggerimento della tassazione nei confronti dei lavoratori dipendenti, le tasse in generale, molto probabilmente, aumenteranno.

Non solo per via della riforma dell’Irpef al vaglio del Governo Conte-bis, ma anche per una probabile riforma del catasto che potrebbe arrivare presto.

Riforma del catasto in arrivo?

Nonostante la posizione della maggioranza di voler abbassare il carico fiscale, dalle ultime parole del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri traspare in maniera piuttosto evidente la necessità di mettere mano alla giungla della tassazione nel nostro Paese.

Nel corso di un’audizione alla commissione di Vigilanza per l’Anagrafe tributaria, il titolare del Tesoro ha ventilato, oltre alla riforma dell’Irpef, l’ipotesi di un’importante riforma del catasto. È “auspicabile proseguire nel confronto con gli operatori, con i Comuni e con il Parlamento perché le scelte tecniche hanno comunque un riverbero politico”, ha precisato. Già, perché eventuali cambiamenti relativi alle tasse sulla casa potrebbero avere un impatto notevole sulle tasche degli italiani.

Gualtieri ha ricordato che il gettito fiscale dovuto alle imposte sugli immobili ammonta a circa 41 miliardi su base annua, di cui la metà deriva dalle imposte locali di natura patrimoniale, e che il valore complessivo delle abitazioni, detenuto da persone fisiche, è di 5.526 miliardi di euro. Aumenteranno quindi le tasse sulla casa? Probabile, ma è ancora troppo presto per dire quando, e di quanto.

Il “consiglio” dell’FMI

“Consiglio” sulla stessa scia è stato espresso lo scorso 29 gennaio dal Fondo Monetario Internazionale nel suo documento “Staff Concluding Statement of the 2020 Article IV Mission”, un report in cui, dopo una missione nel nostro Paese, fornisce tutta una serie di suggerimenti al Governo italiano.

Tra questi, c’è quello di ampliare le basi imponibili, e uno dei modi suggeriti è quello di aggiornare i valori catastali. Benché Gualtieri si sia affrettato a precisare che “su questo punto c’è una differenza di analisi con le valutazioni del Fondo monetario internazionale, non siamo tenuti a condividerle tutte”, dobbiamo prestare molta attenzione.

L’allarme lanciato da Confedilizia

La sottolineatura arriva in particolare da Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, storica organizzazione della proprietà immobiliare, che sul blog di Nicola Porro evidenzia soprattutto l’intervista rilasciata a La Stampa il 30 gennaio da Rishi Goyal, capo missione dell’FMI in Italia.

“Sarebbe utile una riforma fiscale che riduca le tasse sul lavoro e allarghi la base imponibile. Se la si allarga su consumi e proprietà, le tasse nel loro complesso potrebbero scendere, soprattutto per i redditi bassi e medi” dichiara Rishi Goyal.

Il giornalista gli chiede se stia dicendo che sarebbe buona idea alzare l’Iva e le tasse sugli immobili, chiedendogli se sia stato un errore abolire quella sulla prima casa, e Goyal risponde: “È una scelta che ha sottolineato un problema. C’è un forte disallineamento fra il valore degli immobili e la tassazione applicata, e la differenza è più marcata per i redditi più bassi rispetto ai più alti, dunque penalizza i meno abbienti. Occorrerebbe una rivalutazione delle rendite catastali, che non riflettono l’andamento del mercato”.

E le case che hanno perso valore?

Spaziani Testa si chiede se sia “serio” parlare di aggiornamento dei valori catastali, sottintendendone l’aumento, “dimenticando” lo “sterminato” numero di immobili che hanno perso valore, essendo privi di mercato, e per i quali un aggiornamento catastale “onesto” dovrebbe condurre a suo avviso all’”azzeramento del dato” da parte dell’Agenzia delle entrate.

Spaziani Testa ricorda come dal 2012 la sola imposizione patrimoniale sugli immobili abbia pesato per ben 183 miliardi di euro sulle tasche dei cittadini italiani, che sono per lo più lavoratori dipendenti e pensionati con redditi medi.

L’Ici garantiva un gettito di circa 9 miliardi l’anno, l’Imu si è stabilizzata su circa 22. Un incremento che ha causato e continua a causare conseguenze “nefaste” sulla nostra economia, ma di cui il Fondo monetario “pare disinteressarsi, probabilmente restando arroccato sulla non dimostrata (e, anzi, smentita) teoria delle tasse buone, in quanto aventi effetti meno distorsivi sull’economia (quelle sugli immobili), e delle tasse cattive, asseritamente più distorsive (quelle “sulle imprese e sul lavoro”)” conclude.

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