TEATRO BELLI, Roma, domenica 22 dicembre 2019
HO UN ARCOBALENO NELLA TESTA
Di Mariavittoria Andrini
Con Fabio Bussotti e Fiorella Buffa
Suoni di Francesca Masotti
Introduce Pietro Caruso
«Lettura teatrale tratta dal libro Ho un arcobaleno nella testa». Così recita la locandina della prima nazionale del 7 febbraio 2019 al Teatro Diego Fabbri di Forlì. Verrebbero in mente, a chi ha una certa età perlomeno, immagini severe, da televisione servizio pubblico in bianco e nero, di attori in dolce vita e in piedi davanti ad un leggio. Forse qualcuno penserebbe invece alla voce impostata dalla dizione perfetta, diffusa dal giradischi del salotto di tante case borghesi d’antan. Il leggio c’è, anzi, ce ne sono due, ci sono gli attori e anche loro hanno una dizione perfetta ma l’analogia con quelle memorie si ferma qui, perché di severo e paludato il lavoro teatrale andato in scena al Belli non aveva niente.
La riduzione teatrale del testo di Mariavittoria Andrini, che da qualche anno si dedica, tra le altre cose, ad esplorare la personalità di Olindo Guerrini, concretizza benissimo la felice metafora che l’autrice ha creato per descriverlo, l’arcobaleno. Lo spettacolo sprigiona colori, non solo per la varietà dei personaggi parlanti e raccontati, tutti interpretati da Fiorella Buffa che ha anche curato la messa in scena del testo, ma soprattutto perché lo fa con incantevole e immaginifica leggerezza.
La stupefacente poliedricità di Guerrini, interpretato dal bravissimo Fabio Bussotti, si dispiega nel contrappunto serrato con le persone reali, i “fantasmi” della memoria autobiografica, e con gli «altri sé», gli pseudonimi più celebri a cui lui stesso ha dato abbastanza vita da farli a volte morire. Siamo in un “non luogo” dove la madre, la moglie, gli amici emergono dal passato e convivono con gli alter ego che si affollano costantemente e sono alternativamente presenti dentro di lui. Sono tutti poeti questi pseudonimi: Lorenzo Stecchetti, “autore” di Postuma, la raccolta di poesie più famosa tra i suoi contemporanei; Argia Sbolenfi a cui imputa l’altrettanto famoso e famigerato Il pendolo e Bepi, addirittura pseudonimo del Pio X personale di Guerrini, fiero anticlericale nella tradizione della ex pontificia Romagna. E soprattutto poeta, anche dialettale, è stato in realtà questo, ufficialmente, borghese e serio intellettuale umbertino positivista, e ufficiosamente ma non troppo, polemico pubblicista, politico radicale, appassionato di fotografia, gastronomia e bicicletta.
Nessuna confusione però in questa sarabanda di personaggi. La narrazione è guidata da un fil rouge cronologico efficacemente scandito dai suoni onirici e suggestivi delle campane tibetane, suonate dal vivo da Francesca Masotti, che segnalano gli stacchi temporali e i cambiamenti di mood, e dalla maestria con cui gli attori, in particolare Fiorella Buffa, cambiano registro recitativo. I dialoghi/confronti dipingono una variegata tavolozza di emozioni, un quadro completo della vita: è l’uomo Olindo Guerrini che si porta con sé alla fine dello spettacolo. Un uomo complesso e interessante, che meriterebbe una riscoperta al di fuori dell’ambito specialistico in cui è pur sempre molto noto, per lo spessore culturale che ha rappresentato, come i suoi amici allora altrettanto famosi e influenti, uomini del calibro di Giosuè Carducci, Corrado Ricci, Pellegrino Artusi. Si esce dal teatro con la curiosità e la voglia di saperne di più e se questo era uno degli obiettivi del testo è stato centrato perfettamente.
Arianna Trapani