BARCELLONA POZZO di GOTTO. Molto vicino il sold out per il penultimo appuntamento della Stagione 2017/2018 del Teatro Mandanici di Barcellona Pozzo di Gotto, diretta da Sergio Maifredi. Il 14 aprile alle ore 21 sarà infatti di scena ‘Il Barbiere di Siviglia’, opera buffa per eccellenza, opera lirica tra le più eseguite in assoluto, opera popolare da duecento anni, capace di trasfondere nella memoria di tutti refrain e modi di dire.
Melodramma in due atti di Gioacchino Rossini su libretto di Cesare Sterbini, è in cartellone nella città del Longano per la regia di Pierluigi Cassano con Stefano Giaroli maestro concertatore e direttore, sul palco il Coro dell’Opera di Parma e l’Orchestra sinfonica delle Terre Verdiane. Voci soliste sono il baritono Marzio Giossi (Figaro), la soprano Paola Cigna (Rosina), il tenore Alejandro Escobar (il conte D’Almaviva), basso comico Giacomo Almagià (Bartolo), il basso Luca Gallo (Basilio), il baritono Lucas Moreira Cardoso (Fiorello), la soprano Silvia Fontanili (Berta). Completano il cast tecnico Carlo Guidetti ed Eugenio Orlandi alle scene, Arte Tecnica di Reggio Emilia ai costumi, l’organizzazione firmata Mutina Eventi – Fantasia in RE, la produzione di Carlo Guidetti, il coordinamento artistico di Carlotta Arata, il coordinamento musicale di Antonio Braidi, Marco Ogliosi alle luci, Gabriele Sassi capo squadra tecnica.
La lirica al Mandanici era stata auspicata dagli stessi spettatori, non per caso le prevendite registrano già il tutto esaurito in molti settori del Teatro. ‘Chiunque, anche se a digiuno di lirica, si è ritrovato almeno una volta a canticchiare la cavatina o la sinfonia del Barbiere’, ricorda il regista Pierluigi Cassano: ‘Chiunque, anche all’ennesimo ascolto, si ritrova a tenere il tempo con la testa o il piede. Ma non è solo nelle melodie accattivanti e nei ritmi trascinanti che risiede il motivo del successo di quest’opera. Una delle caratteristiche più interessanti di questo capolavoro è infatti la molteplicità dei livelli di lettura. C’è il gusto del divertimento puro e semplice fatto di battibecchi e tafferugli, ma anche il gioco più sottile degli equivoci e degli inganni. C’è la messa alla berlina di vizi universali come l’avarizia o la calunnia, ma anche elementi di satira sociale più moderni: Figaro, il popolano astuto, l’uomo ‘self-made’, è figlio della maschera di Arlecchino e però, ribellandosi nelle ‘Nozze’ al suo signore, sarà pure padre di quei giacobini che solo una decina d’anni dopo prenderanno la Bastiglia. E c’è il fatto che ‘Il barbiere di Siviglia’ sia l’opera buffa per eccellenza, ma anche una parodia del genere medesimo, con gli interpreti che spesso si rivolgono direttamente al pubblico commentando in maniera metateatrale ciò che stanno facendo o cantando. Ci sono, soprattutto, quei pezzi d’assieme, che tanto piacevano a Stendhal e che a noi ricordano Pirandello o Beckett, in cui i personaggi sono travolti dalla catena degli eventi e perdono completamente il senno. Sicché, quando arriva l’immancabile lieto fine, permane, su tutta la vicenda, la sensazione agrodolce che, in fondo, l’eterno problema dell’incomunicabilità fra gli esseri umani resti insuperato e insuperabile’.
Riflessioni, queste, che hanno guidato l’allestimento in programma al ‘Mandanici’. Sul palcoscenico una ‘casa in confusione’, in perpetuo movimento, vista da dentro, e da fuori, con mobili che vanno e vengono, con oggetti che sembrano prendere vita e ribellarsi all’uomo, un ambiente estremamente mobile e perciò essenzialmente vuoto, in cui risaltino le ‘coreografie’, intese come ricerca di movimenti che rendano la fisicità esasperata della commedia, rappresentino lo svuotamento del linguaggio e soprattutto permettano al pubblico di cogliere visivamente oltre che acusticamente il complesso intreccio delle voci costruito da Rossini.