Resta alta la tensione al governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle, con i contrasti al governo archiviati dal premier Giuseppe Conte come semplice campagna elettorale in vista delle prossime Elezioni europee. Difficile capire se i continui battibecchi siano figli solo della campagna elettorale o anche delle sostanziali differenze tra i due partiti, la cosa certa è che anche all’interno dell’esecutivo si ha la sensazione di una pericolosa instabilità.
La necessità di un rinnovato spirito di collaborazione è confermata anche da Centinaio, ministro in quota Lega, che ha voluto mandare un messaggio al Movimento Cinque Stelle: “Abbassare i toni o rischiamo di andare a casa“.
“Non vedo l’ora che finiscano queste elezioni europee perché penso che l’eccitazione da elezioni stia andando oltre l’azione di governo. Fino ad oggi abbiamo governato bene e l’azione di governo ci ha permesso di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Confido che Conte, Salvini e Di Maio trovino un accordo”, afferma Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche Agricole. “Ai colleghi del Movimento 5 stelle chiedo di abbassare i toni: se si vuole governare bene bisogna condividere e non accusare i colleghi di maggioranza, altrimenti il rischio è di andare a casa”.
A parte questo la scossa data alla politica italiana dall’elezione di Nicola Zingaretti come nuovo segretario del PD ha avuto degli effetti concreti e misurabili, sia nei sondaggi che nel comportamento degli attori politici. Cominciamo dai primi.
La Lega è il primo partito con il 32,1%: non il suo miglior risultato di sempre, ma comunque 10 punti abbondanti sopra il Movimento 5 Stelle. Nonostante il trend negativo, il M5S rimane in seconda posizione con un vantaggio di mezzo punto sul Partito Democratico, che tocca quota 21%; anche per i dem la tendenza (in questo caso alla crescita) è però meno vistosa che in passato.
Tra le altre liste, sono da segnalare le variazioni in positivo (+0,5%) che riguardano Fratelli d’Italia e l’area a sinistra del PD che nel 2018 corse sotto il simbolo di Liberi e Uguali. Nel primo caso si tratta probabilmente di una conseguenza dell’attivismo di Giorgia Meloni sui temi identitari che sono stati al centro dell’agenda nelle ultime settimane; nel secondo, invece, l’aumento si deve è in buona parte allo “spacchettamento” dell’offerta nelle domande dei sondaggisti.
I dati aggregati però rischiano di nascondere dei segnali degni di nota: per gli istituti SWG e Tecnè, ad esempio, il M5S è risalito su base settimanale, mentre il PD ha visto un “rimbalzo” verso il basso. Nelle prossime settimane capiremo se questo è il preludio ad un’inversione di tendenza. Ad ogni modo, per il M5S si tratta di un nuovo record negativo: a questo punto l’obiettivo per le Europee diventa non solo quello di restare davanti al PD, ma soprattutto di non fare peggio del 2014, quando il Movimento ottenne il 21,2%.
Per minimizzare le sconfitte subite in occasione delle varie elezioni regionali degli ultimi mesi, i pentastellati hanno sostenuto convintamente che fosse improprio fare paragoni con elezioni di tipo diverso (in questo caso, le Politiche 2018). Ma se a maggio dovessero ottenere un risultato peggiore di quello 2014, nemmeno questa argomentazione sarebbe più sostenibile.
Dal punto di vista simbolico, forse il numero di questa settimana è però il dato aggregato dell’area di governo, che scende sotto il 54% (per l’esattezza 53,5). È la prima volta che accade in un anno, e cioè dal “boom” di M5S e Lega successivo alle elezioni del 4 marzo 2018. In quel caso si trattò di un classico “effetto bandwagon”, che tende a premiare i vincitori “percepiti” all’indomani di un appuntamento elettorale: se i due partiti nelle urne avevano ottenuto complessivamente il 50%, al momento della formazione del Governo Conte erano già saliti oltre il 55%, e nei mesi successivi sarebbero ulteriormente cresciuti.
Il calo dell’area di governo, e la contestuale crescita delle opposizioni (sia di centrosinistra che di centrodestra) probabilmente non aiutano un clima già non propriamente idilliaco. Le recenti tensioni sul ministro dell’Economia Giovanni Tria non sono un buon segnale in vista della presentazione di un DEF che si preannuncia quantomai delicato, data la situazione dei conti pubblici. Ed è solo l’ultimo dei fattori di tensione che nelle ultime settimane hanno inasprito i rapporti interni alla maggioranza.
In generale, il M5S ha alzato la voce nei confronti della Lega – probabilmente per contrastare la perdita di voti verso il PD di Zingaretti – e in certi casi si è passati dalle parole ai fatti: sulla castrazione chimica, ad esempio, la maggioranza si è spaccata, con il M5S che ha votato con il PD e la Lega con FDI. Le distanze si erano già accentuate in occasione del controverso ‘Congresso delle famiglie’ di Verona.
Luigi Di Maio si è espresso con parole ben poco amichevoli verso gli organizzatori della kermesse (“fanatici”, “stile medioevale”), mentre Salvini vi ha addirittura partecipato in qualità di ospite.