Quella fotografia di un giovane con il passamontagna, le gambe piegate, che punta una pistola ad altezza d'uomo in via De Amicis il 14 maggio del 1977 rappresenta ancora, a 40 anni di distanza, l'icona di quella lotta armata in cui confluì buona parte dei manifestanti che quel giorno attaccarono la Polizia. ANSA/CORRIERE D'INFORMAZIONE +++EDITORIAL USE ONLY - NO SALES+++

Terrorismo: la fotografia icona degli Anni di piombo – Dagli archivi dell’ANSA

Quella fotografia di un giovane con il passamontagna, le gambe piegate, che punta una pistola ad altezza d’uomo in via De Amicis il 14 maggio del 1977 rappresenta ancora l’icona di quella lotta armata in cui confluì buona parte dei manifestanti che quel giorno attaccarono la Polizia.

Ecco la notizia  che risale al maggio del 2017 a 40 anni di distanza da quella storica immagine.

L’attacco avvenne al termine di un corteo tutto sommato tranquillo, per quei tempi, che era sfilato davanti al carcere di San Vittore per solidarizzare con due avvocati di Soccorso Rosso arrestati. “Romana fuori”, si sente nella registrazione audio del momento in cui il collettivo Romana-Vittoria di Autonomia Operaia dà inizio alla sparatoria contro la Polizia.

Nell’immaginario di molti, ancora oggi, Giuseppe Memeo, il giovane ritratto in quella fotografia che simboleggia gli “Anni di piombo”, rimane l’assassino del vicebrigadiere Antonino Custra, colpito alla fronte e che morirà alcune ore dopo in Ospedale. Le indagini, oltre dieci anni dopo i fatti, stabiliranno che non fu così.

Chi scattò quella foto non c’è più: Paolo Pedrizzetti è morto con la moglie quattro anni fa, in provincia di Novara, in un tragico incidente domestico. Per molti il momento in cui quella foto fu scattata fu quello della scelta: “Era chiaro che da quell’istante in poi, da quando si decise di sparare in piazza – ricorda l’allora giudice istruttore Guido Salvini che condusse le indagini che individuarono tutti gli sparatori – si sarebbe andati verso un’accelerazione e un innalzamento dello scontro armato: c’è chi scelse di uscirne, altri invece di entrare nelle Br, Prima Linea e altre formazioni combattenti”.

“Il fatto che non fossero stati individuati subito gli aggressori” per il magistrato, ” diede un forte senso di impunità che favorì il passaggio di molti alla lotta armata”. C’erano, infatti, quel pomeriggio in via De Amicis persone che negli anni seguenti saranno protagonisti di gambizzazioni e omicidi e che non furono fermati in tempo. Le nuove indagini riprese negli anni ’90, grazie anche alla collaborazione dei pentiti stabilirono che era stato un manifestante diverso da quello ritratto nella fotografia a uccidere Custra. La svolta è venuta da altre fotografie. Con la perquisizione nello studio di un fotografo rimasto sino a quel momento sconosciuto, nel 1987, a più di 10 anni di distanza, è riemersa un’altra serie di fotografie che il fotografo non aveva né distrutto né consegnato alla Polizia ma semplicemente conservato.

Grazie quelle fotografie, trovate dal giudice Salvini, che riprendevano anche i primi momenti dell’attacco e coloro che si erano portati molto vicini alla Polizia, incrociate con le fotografie precedenti – ormai un vero film di quanto avvenuto in via De Amicis – gli sparatori furono individuati ad uno ad uno – compreso quello che con ogni probabilità aveva esploso il colpo mortale.

Nel maggio ’92, infine, la Corte d’Assise pronunciò una sentenza con nove condanne con le quali si concluse la lunga storia giudiziaria di quel 14 maggio 1977

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