Enrico Costa (Azione) e Luigi Marattin (Italia Viva) firmano un appello pubblicato da Repubblica, auspicando la ripresa del percorso per la costruzione del partito unico. «Fino ad oggi abbiamo combattuto insieme in Parlamento e sui territori per la costruzione di una comunità liberal-democratica, popolare e riformista che offrisse agli italiani un’alternativa solida, strutturale ai populisti di entrambi gli schieramenti. Lo abbiamo fatto con passione, con convinzione, con quell’entusiasmo che stava nascendo dal basso e che stava creando i presupposti per la nascita di un progetto di lungo periodo. Tutto questo non solo è stato bruscamente interrotto, ma ha anche subito un consistente danno di immagine dalle modalità traumatiche con cui lo strappo si è consumato», scrivono i due.
L’appello cade nel vuoto e sono gli stessi firmatari della lettera ad ammettere il flop dell’iniziativa. L’opzione principe, accarezzata dai pontieri, è un doppio passo indietro: Renzi e Calenda fuori, per affidare le chiavi del Terzo Polo a un terzo nome. Il passo indietro di Renzi e Calenda spianerebbe la strada alla leadership di Mara Carfagna. «Spiazzati dalla giravolta improvvisa, la politica è mediazione e sintesi. Con questi colpi di testa non avremo vita lunga», confida un parlamentare di Azione al Giornale.
Carfagna potrebbe essere il punto di equilibrio per rimettere in moto il progetto. Soprattutto perché all’orizzonte ci sono le elezioni europee. E sia Azione che Italia Viva rischiano di non superare lo scoglio dello sbarramento fissato al 4 %.