Tirrenia, Corte Ue: “Aiuti anni ’70 andavano comunicati a Bruxelles”

Gli aiuti concessi tra il 1976 e il 1980, all’allora società di navigazione pubblica Tirrenia dovevano essere comunicati alla Commissione europea se idonei a falsare la concorrenza. Lo stabilisce una sentenza della Corte di giustizia europea in riferimento alla richiesta di condanna da parte dell’impresa di navigazione Traghetti del Mediterraneo, poi fallita, alle autorità giudiziarie italiane, della Tirrenia Navigazione al risarcimento dei danni causati dalla politica di prezzi eccessivamente bassi resa possibile da aiuti di Stato concessi con la legge n. 684/1974. La Tirrenia era attiva, all’epoca dei fatti, nel mercato non liberalizzato del cabotaggio marittimo per il trasporto da, tra e verso le isole della Sicilia e della Sardegna. La richiesta danni risale agli anni ’80. In tutti e tre i gradi di giudizio, sino alla Cassazione, la TdM perse la causa. In particolare, la Corte d’Appello di Genova ritenne che gli aiuti, istituiti con la predetta legge, in quanto successivi all’entrata in vigore del Trattato, dovessero essere considerati come “aiuti nuovi”, che, come tali, avrebbero dovuto essere notificati preventivamente alla Commissione e dalla stessa autorizzati (cose in concreto non avvenute). La Cassazione ha chiesto alla Corte di Giustizia di interpretare le norme dell’Unione sui concetti di aiuti di Stato “nuovi” ed “esistenti”.

Nella sentenza odierna, la Corte afferma, innanzitutto, che la circostanza che il mercato interessato sia stato formalmente liberalizzato solo dopo la concessione a Tirrenia delle sovvenzioni controverse non permette, di per sé, di qualificare queste ultime come aiuti “esistenti”. Infatti, solamente in virtù di tale liberalizzazione successiva, non è possibile escludere che, da un lato, lo stesso mercato fosse concorrenziale anche prima e che, dall’altro, le misure d’aiuto in questione fossero idonee a minacciare o falsare la concorrenza e ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri, circostanza la cui verifica spetta al giudice nazionale. In secondo luogo, il giudice dell’Unione chiarisce che il regolamento n. 659/1999, compresa la nozione di aiuto “esistente”, non è applicabile al caso di specie in quanto le sue disposizioni disciplinano la prassi della Commissione in materia di aiuti di Stato e non, invece, i poteri e gli obblighi dei giudici nazionali, che rimangono disciplinati dal Trattato CEE. Pertanto, la Corte dichiara che il termine di prescrizione di dieci anni, di cui al suddetto regolamento, alla cui scadenza ogni aiuto viene considerato “esistente”, si limita a circoscrivere nel tempo i poteri della Commissione in materia di recupero degli aiuti di Stato. Di conseguenza, la sua scadenza non può avere per effetto di sanare retroattivamente aiuti di Stato inficiati da illegittimità, per il solo fatto che essi divengono aiuti esistenti, negando ai concorrenti della società beneficiaria di tali sovvenzioni il diritto al risarcimento. Infine, alla luce di tali considerazioni, la Corte ritiene applicabile alle misure di aiuto in questione la procedura stabilita dal Trattato CEE in materia di aiuti di Stato (“nuovi”), sempre che il giudice nazionale le identifichi come tali. Di conseguenza, qualora un’autorità pubblica abbia concesso degli aiuti senza rispettare l’obbligo di notifica stabilito dal Trattato CEE, essa non potrà invocare a propria difesa il principio del legittimo affidamento. Inoltre, la Corte sottolinea che, per il principio di certezza del diritto, il sopracitato termine di prescrizione decennale, previsto come limite ai poteri della Commissione, non può essere applicato analogicamente ad un ricorso per risarcimento danni come quello oggetto della causa principale.

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