Todde vince, inaugurando il ‘campo giusto’

Oltre 300 persone stanno aspettando l’arrivo di Alessandra Todde, che secondo i dati ufficiosi avrebbe sorpassato Paolo Truzzu (centrodestra). I dati sono stati raccolti dai rappresentanti di lista e dai Comuni, nonostante quelli ufficiali non siano ancora definitivi e il suo vantaggio su Truzzu sia minimo.

“Dai dati in nostro possesso si profila una vittoria e io sarò la prima presidente della Regione Sardegna”. Lo ha detto Alessandra Todde, candidata alla presidenza della Sardegna, in una dichiarazione poco dopo l’una di notte nella sede del suo comitato elettorale.

“Sono molto felice e orgogliosa – ha aggiunto – terremo una conferenza stampa domattina perché è giusto e corretto aspettare l’ufficialità dei dati. Sono molto contenta, oggi si può scrivere una pagina di storia per la Sardegna”. Todde, infine, ha voluto ringraziare tutto lo staff e la coalizione: “Tutti hanno contribuito a questo risultato”.

“Sì, adesso cambia il vento”. Elly Schlein risponde così ai cronisti che a notte piena vedono materializzarsi insieme ad Alessandra Todde la segretaria Pd e il leader M5s, Giuseppe Conte. I leader del ‘campo largo’, anzi del “campo giusto” come sottolinea con una battuta lo stesso Conte, ‘chiamano’ la vittoria di Alessandra Todde, “la prima presidente di Regione espressa da M5s”, tiene a sottolineare Conte nelle battute che vengono scambiate con i cronisti nel comitato elettorale di Todde.

“Questo risultato conferma la scelta maturata sul territorio. Abbiamo accompagnato il partito locale che ha fatto una splendida corsa. Siamo anche molto soddisfatti dei risultati che si stanno profilando per la lista”, dice Elly Schlein nella miniconferenza stampa, in attesa di quella ufficiale più avanti in giornata, nel comitato elettorale di Alessandra Todde.

La segretaria Pd aggiunge che “sapevamo che dopo questi cinque anni disastrosi di governo della destra c’erano tanti punti in comune sui quale costruire questo progetto”.

Un risultato dunque che è segna anche “il migliore modo possibile, non avrei potuto immaginare uno migliore, per questo anniversario da segretaria”.

Una certezza e una promessa difficile da mantenere: «Andiamo avanti uniti» e «comunque vada non ci saranno ripercussioni». A Palazzo Chigi si è appena apparecchiata la tavola per il pranzo di Giorgia Meloni con Antonio Tajani e Matteo Salvini ma c’è già la consapevolezza che in Sardegna «è andata male» e che quindi, a meno di colpi di scena notturni, «avremo perso tutti». È l’ora della compattezza – l’avevano concepita così quando hanno preso appuntamento mercoledì scorso nel retropalco della chiusura della campagna elettorale di Cagliari – non il momento dei veleni né quello dell’analisi della partita. Entrambe queste ultime infatti scoccheranno solo oggi, con i risultati acquisiti a fotografare il peso del voto disgiunto.

L’obiettivo però è chiaro: preservare il centrodestra sminando distinguo e redde rationem. Almeno pubblicamente. A perdere non è stato cioè solo Paolo Truzzu, candidato imposto da Fratelli d’Italia (al primo stop dalle Politiche del 2022). Ma anche il Carroccio che ha raccolto circa il 3,5%, e pure Forza Italia, nonostante “l’exploit” interno che gli ha permesso di doppiare i leghisti. Anzi. Ad un Salvini descritto come «particolarmente nervoso» al termine dell’incontro  è stato fatto notare come, se il candidato fosse stato l’uscente Christian Solinas, la sconfitta sarebbe stata larghissima. E allora ecco che il testa a testa andato avanti per tutto il giorno

Le lungaggini che hanno caratterizzato lo scrutinio finiscono con l’alimentare il dubbio che i ritardi nel registrare i risultati delle città di Cagliari e Sassari (dove Alessandra Todde era in netto vantaggio sin da subito) siano stati in realtà “imposti”da Roma. Suggestioni difficili da verificare ma che ben restituiscono il clima che si respira tra gli alleati. A recriminare più di tutti è però il partito della premier, convinto di aver subito «un tradimento». In attesa di poter ragionare su dati e forbici definitive, a via della Scrofa spiegano come il Carroccio avrebbe contraddetto il patto indicibile con cui i meloniani avevano accordato alla base sarda orfana di Solinas una “tranquilla” libertà di coscienza e di voto anti-Truzzu, indirizzando però la preferenza disgiunta verso Renato Soru. «Una promessa che non hanno rispettato» come dimostrerebbero le tante preferenze fuori lista incassate dalla candidata di Pd e Movimento 5 stelle. E che è costata l’elezione a Truzzu per una manciata di voti.

Segnali che, al di là dei buoni propositi distensivi di Meloni, il clima in maggioranza pare destinato a cambiare. Con ogni probabilità a partire già da oggi quando i rappresentanti della coalizione dovrebbero tornare ad incontrarsi per discutere degli enti locali. Al centro ci saranno i capoluoghi di provincia – come la poltrona di Cagliari appena lasciata inopinatamente vuota da Truzzu – alle urne all’election day del 9 giugno, ma si comincerà a discutere anche delle regionali. Se lo spettro di un «effetto domino» sull’Abruzzo al voto il prossimo 10 marzo agita già tutti, si riapre inevitabilmente la partita per la Basilicata. Si è infatti complicato in maniera significativa il progetto di Meloni di non ricandidare l’uscente Vito Bardi e sostituirlo con un candidato civico. Pur non potendo contare sul sostegno di Salvini – che con Tajani si dice sia ai ferri corti, al punto che non si sarebbe complimentato con il collega vicepremier per l’elezione a segretario nazionale degli azzurri – i berlusconiani non sono disposti né al passo indietro né a quello di lato.

A stretto giro Meloni difficilmente riuscirà ad imporre qualcosa ai due alleati ma, ragionano i suoi fedelissimi, «può imporre il suo ritmo». E quindi, stop alla tolleranza per le varie uscite fuori linea di Crippa o Romeo, addio al terzo mandato («Se lo vuole provi a inciuciare in aula con il Pd») e competizione serrata verso le Europee. Le chance che la premier si candidi in prima persona a giugno, ieri si sono moltiplicate di pari passo con lo scrutinio dei voti in Sardegna.

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