Al Teatro Prati di Roma il 13 gennaio andrà in scena “Il mistero del delitto Bebawi”, tratto da “Coppie assassine” di Cinzia Tani per la regia di Luigi di Majo, e con la partecipazione di Beatrice Palme. E’ il primo appuntamento dell’ anno di “Toghe in giallo” e dell’associazione CentrarteMediterranea, associazione di giuristi innamorati dell’arte. Si porta in scena un caso che fece epoca, il caso dei coniugi Youssef e Claire Bebawy, i quali, nell’anno domini 1966, furono sospettati di aver ucciso con un intero caricatore di 7,65 e sfregiato al volto con una boccetta di vetriolo Faruk Chourbagi, industriale egiziano residente a Roma. Nel processo Claire accusa Youssef, Youssef accusa Claire. Centoquarantadue udienze, 120 testimoni, continui colpi di scena, lacrime, svenimenti, feroci litigate coniugali, interventi dei maggiori principi del foro, da Sotgiu a Vassalli fino al futuro capo dello Stato Giovanni Leone, per arrivare alla sentenza, dopo 30 lunghissime ore di camera di consiglio, che assolve marito e moglie per insufficienza di prove. In un secondo processo i due vennero condannati in contumacia ma avevano già fatto perdere le proprie tracce. La scrittrice Cinzia Tani è l’unica non-giurista di “Toghe in giallo”. Un’eccezione che gli associati molto gradiscono, in grazia del suo talento variamente saggiato con successi editoriali e autoriali. Alle sue abili tastiere è affidata la riduzione teatrale dei casi scelti per il palcoscenico. Che la scrittrice calca, anche, nel ruolo costante di “narratrice”. Gli altri giallo-togati sono tutti avvocati e magistrati, talvolta affiancati da attori professionisti come Piera degli Esposti, Gabriele Ferzetti, Mariano Rigillo, Beatrice Palme, e tutti appassionatamente innamorati del teatro. Che è, poi, il primo amore, mai dimenticato e mai abbandonato, di Luigi Di Majo, avvocato penalista, autore e personaggio televisivo, fondatore, presidente e regista di “Toghe in giallo”, capace di intrecciare le sue tre carriere con sagacia e tenacia, mai intaccando l’autonomia di ciascuna. Di Majo come penalista ha difeso la libertà di espressione artistica da una censura italiana, che, pur se sotto altre spoglie, è stata pesante e inficiante quasi fino ai giorni nostri, di certo fino all’avvento del terzo millennio. E’ stato la difesa di “Ultimo tango a Parigi”, “Novecento” e “La Luna” di Bertolucci, “Salò” di Pasolini, “Cadaveri eccellenti” di Rosi, “Casanova” di Fellini.
Marco Novellino