Incomincia a spirare il vento di bonaccia e la diffidenza delle prime ore sembra essersi dissolta. Giuseppe Conte si affida alla volontà dei sette saggi, si fa per dire, per trovare un accordo a tutti i costi. Ancora una volta il fondatore dei 5 Stelle, Beppe Grillo, è stato abile nel lasciare nelle mani di Conte la scelta: se si sfila su di lui ricadrà la responsabilità della rottura e renderebbe ancora più incerta l’ipotesi di formare un nuovo partito. E così all’ex Premier non resta che affidarsi al comitato dei garanti e/o saggi, sperando di non uscirne da leader dimezzato. Conte giocoforza dovrà accettare qualche ritocco al suo statuto, a patto però che non venga stravolto e che i punti fondamentali restino fermi. Quindi dovrà concedere qualcosa al fondatore e viceversa. L’ avvocato degli Italiani ritiene di avere ancora un consenso forte nel Paese e anche tra i grillini e non concederà nulla che possa apparire un passo indietro. Nessuna diarchia, i ruoli dovranno essere ben distinti, senza ambiguità alcuna. Grillo dovrebbe accontentarsi del ruolo di garante, del padre nobile senza intralciare il cammino del futuro’ leader’. Sostanzialmente il nuovo capo politico dovrebbe dettare la linea politica del partito, sia sul piano interno che su quello internazionale, dal sostegno ai governi sino alle alleanze elettorali e parlamentari , in quest’ultimo caso essenziali per l’elezione del Capo dello Stato. Tutto chiaro, quindi , tranne il giudizio che Grillo nei giorni scorsi ha espresso nei confronti di Giuseppe Conte: ” Non ha visione politica”. Per questo il designando capo politico ha chiesto precise garanzie a Di Maio e a Fico. Tra i contiani serpeggia soddisfazione, ma ci sono tante ombre che tardano a diradarsi. Lo scenario che più preoccupa i sostenitori di Conte è che i i capi storici dei 5 Stelle hanno fatto quadrato intorno a Grillo e potrebbero costringere Conte ad accettare quel ruolo di prestanome della casa comune. Del resto, senza con questo voler recare offesa al Prof Conte, il ruolo di prestanome gli è congeniale, visto che lo ha ricoperto con la carica di Presidente del Consiglio, nel Conte 1, dove era solo il notaio di Di Maio e Salvini, e nel Conte 2 lo era di Matteo Renzi e del Pd. L’incubo del leader dimezzato rimane. Schiacciato in un angolo , gli si impedisce di dar vita al nuovo partito. Intanto è costretto a fidarsi di Di Maio che apparentemente gli ha manifestato lealtà, ma con il suo ruolo di mediatore e di pontiere si è rafforzato ancora di più politicamente. Alla fine i sondaggi parlano al posto dei contendenti in campo. Conte con il nuovo partito non andrebbe oltre il 10%, a nostro avviso troppo ottimisti, mentre Grillo con un’eventuale scissione, rischierebbe la debacle, scenderebbe al di sotto della soglia del 5%, in questo caso molto pessimisti, perché i grillini della prima ora non volteranno le spalle al comico genovese. La parola passa ai sette ‘saggi’ che in pochi giorni dovrebbero risolvere la querelle. Di certo nessuno dei due vuole uscire sconfitto.
Andrea Viscardi